giovedì 21 aprile 2016

Art. 492 bis c.p.c. - Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare

Come è risaputo l'art. 492 bis c.p.c. consente di presentare una istanza al Presidente per essere autorizzati ad accedere, tramite gli ufficiali giudiziari, alle banche dati pubbliche, tra le quali molto interessante è quella dell'Anagrafe Tributaria, la quale contiene i rapporti finanziari del debitore.
Come spesso capita in Italia, l'applicazione di tale norma è stata subordinata alla emanazione di un decreto del Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Garante per la protezione dei dati personali (art. 155 quater disp. att. c.p.c.), che individuasse le modalità di esercizio della facoltà di accesso.
Poiché tale decreto, ad oggi, non risulta essere stato emesso, molti Uffici Giudiziari, rigettavano le istanze avanzate dai creditori ritenendo che senza l'individuazione delle modalità di accesso i creditori non potessero essere autorizzati.
Tale situazione ha portato notevole incertezza, infatti, l'indirizzo era mutevole per ogni ufficio giudiziario ed il creditore, pur avendo tutti i requisiti richiesti dalla norma ed aver corrisposto il contributo unificato, rischiava di vedersi rigettata la richesta.
Con l'art. 19 comma 2, letta a del D.L. 12.09.2014 n. 132, è stato, però, aggiunto l'art. 155 quinquies disp. att. c.p.c. il quale consente ai creditori, sino a quando non fosse diventato funzionante l'accesso diretto da parte degli uffici Unep, di ottenere, sempre previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, direttamente dai gestori delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute.
Forte di tale modifica ho ritenuto opportuno avanzare presso il Tribunale di Foggia una istanza ex art. 492 bis c.p.c. ed effettivamente la richiesta mi è stata accolta.
Ottenuta l'autorizzazione ho inoltrato, a mezzo pec, copia del titolo e del precetto nonché duplicato informatico del provvedimento autorizzativo alla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base alla residenza del debitore.
L'Agenzia delle Entrate, dopo circa trenta giorni, mi ha risposto chiedendo l'invio dell'originale del provvedimento autorizzativo del Tribunale o dichiarazione sostitutiva attestante la conformità del documento prodotto oltre al versamento di tributi speciali erariali, in base alla Tabella "A" allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 213, come chiarito dalla circolare del 28 luglio 1997 n. 213 emanata dal Ministero delle Finanze.
Sul punto è necessaria una digressione.
L'art. 155 quater disp. att. c.p.c. all'ultimo comma prescrive che "l'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all'art. 492 bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui al primo comma è gratuito. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche all'accesso effettuato a norma dell'art. 155 quinquies di queste disposizioni".
Ritenendo chiaro il dettato normativo, confidavo che il prefato accesso, fermo il pagamento del contributo unificato al momento della presentazione della istanza ex art. 492 bis c.p.c., dovesse essere del tutto gratuito.
Ho segnalato verbalmente la questione all'Agenzia delle Entrate la quale, però, si è giustificata  dicendo che secondo loro tali diritti sono dovuti per la ricerca, visura e rilascio copie di documenti.
Avendo chiaramente interesse ad ottenere le informazioni contenute nella banca dati ho tralasciato ogni ulteriore discussione ed ho provveduto a versare quanto richiesto.
Per quanto, invece, riguardava la richiesta dell'originale del provvedimento autorizzativo del Tribunale ho precisato che il duplicato informatico del provvedimento emesso dal Presidente e prelevato dal fascicolo telematico era già conforme all'originale ivi presente, ad ogni modo ho allegato, sempre per accelerare la pratica ed evitare sterili discussioni, dichiarazione sostitutiva attestante la conformità dei documenti prodotti.
Dopo questa ultima pec, effettivamente ho ottenuto l'agognato accesso alle informazioni dell'Anagrafe Tributaria con le quali l'Agenzia delle Entrate mi ha comunicato la dichiarazione dei redditi percepiti dal debitore e l'anagrafe dei rapporti finanziari afferenti i rapporti esistenti a nome del debitore.
La prima sorpresa è stata che non era indicato il tipo di rapporto (conto corrente, deposito titoli ecc. ecc.) né, in ipotesi di conto corrente, l'eventuale saldo, attivo o passivo, informazione che è, però, detenuta dall'anagrafe tributaria.
Ho contattato telefonicamente l'Agenzia delle Entrate e mi è stato riferito che loro non forniscono queste informazioni ma che i rapporti, come indicato nella dichiarazione, erano attivi, cioè si trattava di rapporti intrattenuti nel recente periodo dal debitore.
Sul punto ritengo opportuno precisare che non considero corretto che l'Agenzia delle Entrante non fornisca l'eventuale saldo del conto corrente, infatti, nell'ipotesi di accesso da parte dell'ufficiale giudiziario, l'art. 492 bis prevede che se nell'accesso sono stati individuati crediti l'ufficiale giudiziario proceda al pignoramento, indi presupponendo la possibilità per l'ufficiale giudiziario di verificare l'esistenza di poste attive, altrimenti non avrebbe crediti da sottoporre a pignoramento.
Poiché, però, allo stato effettivamente non è indicato in alcuna norma quali informazioni debbano essere fornite al creditore autorizzato, non ho potuto fare altro che prendere atto della cosa e provvedere immediatamente, vista anche la imminente scadenza del precetto notificato per dare inizio alla procedura ex art. 492 bis c.p.c., a notificare il pignoramento a tutti i terzi che, dalla dichiarazione, risultavano avere rapporti con il debitore.
Molti dei terzi pignorati hanno inviato la prescritta dichiarazione, ex art. 547 c.p.c., assumendo di non avere rapporti con il debitore.
Ho rappresentato, a mezzo pec, a tali terzi che a seguito delle informazioni comunicatemi dall'Agenzia delle Entrate, ero certo che ci fossero rapporti attivi tra il debitore ed il terzo e che mi riservavo il diritto di contestare, innanzi al G.E., la emessa dichiarazione.
Un unico terzo si è premurato di precisare che l'unico rapporto esistente con il debitore era una delega ad operare per altra persona.
Il problema che a questo punto si pone non è di poco conto.
Si potrebbe, infatti, innanzi al G.E. contestare le dichiarazioni dei terzi, in virtù della comunicazione inviatami dall'Agenzia delle Entrate.
Svolta però la contestazione il G.E. dovrebbe, ex art. 549 c.p.c., compiuti i necessari accertamenti in contraddittorio, decidere con ordinanza circa la contestazione.
Chiaramente all'esito della decisione, e qualora effettivamente il terzo non fosse debitore del debitore, il G.E. potrebbe condannare il creditore al pagamento delle spese di lite.
A tal punto, per tutelare il creditore si sarebbe costretti a svolgere domanda di manleva nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, infatti si è proceduto al pignoramento ed alla successiva contestazione delle dichiarazioni in virtù delle informazioni comunicatemi da quest'ultima, la quale ha affermato di aver indicato i rapporti finanziari esistenti.
Tale ipotesi esporrebbe, comunque, il creditore istante ad una serie di giudizi dalla lunga durata e dall'esito incerto.
Si potrebbero, allora, considerare veritiere le dichiarazioni dei terzi, in questa ipotesi, però, tutta l'attività fatta e la valenza stessa della procedura prevista dall'art. 492 bis c.p.c. sarebbe pressoché nulla, ed il tutto sarebbe dipeso dalla poca precisione ed attendibilità delle informazioni comunicate.
Dal momento in cui si è avuto accesso alle informazioni contenute nelle banche dati, e per ottenere tale accesso, è bene sottolinearlo, si versa un contributo unificato e si chiede l'autorizzazione all'autorità giudizairia, è assurdo che vengano fornite notizie incomplete, le quali consentano si di proseguire con il pignoramento ma ne rendano comunque incerto l'esito.
Assurdità che è lampante se si considera che le banche dati contengono informazioni precise e dettagliate che permetterebbero al creditore di notificare il pignoramento essendo sicuro dell'esito favorevole.
Appare francamente arduo comprendere in virtù di quale principio si ritenga giusto comunicare al creditore l'esistenza di rapporti finanziari del debitore limitandosi, però, ad indicare gli istituti di credito senza fornire, con precisione, quali siano i rapporti intercorrenti e se questi comportino l'esistenza di un debito del terzo nei confronti del debitore.
Tale condotta è ancora più assurda se si considera che costringe il creditore a notificare, sostenendo  maggiori oneri, il pignoramento a tutti i terzi indicati, anche a quelli, per esempio, presso i quali il debitore ha attiva una delega ad operare su conto altrui.
Come spesso accade in Italia una buona idea, come ritengo sia stata il consentire l'accesso alle banche dati previsto dalla procedura ex 'art. 492 bis c.p.c. viene svilita e resa pressoché inutile nella applicazione pratica.
Non si può fare altro che sperare che vengano emessi i decreti attuativi con la esatta indicazione delle informazioni che i gestori delle banche dati debbano fornire e, sopratutto, che tra il diritto del creditore a recuperare il credito vantato e il diritto del debitore alla privacy, o meglio a nascondere quanto posseduto, non si ritenga preminente quest'ultimo.