giovedì 21 aprile 2016

Art. 492 bis c.p.c. - Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare

Come è risaputo l'art. 492 bis c.p.c. consente di presentare una istanza al Presidente per essere autorizzati ad accedere, tramite gli ufficiali giudiziari, alle banche dati pubbliche, tra le quali molto interessante è quella dell'Anagrafe Tributaria, la quale contiene i rapporti finanziari del debitore.
Come spesso capita in Italia, l'applicazione di tale norma è stata subordinata alla emanazione di un decreto del Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell'interno e con il Garante per la protezione dei dati personali (art. 155 quater disp. att. c.p.c.), che individuasse le modalità di esercizio della facoltà di accesso.
Poiché tale decreto, ad oggi, non risulta essere stato emesso, molti Uffici Giudiziari, rigettavano le istanze avanzate dai creditori ritenendo che senza l'individuazione delle modalità di accesso i creditori non potessero essere autorizzati.
Tale situazione ha portato notevole incertezza, infatti, l'indirizzo era mutevole per ogni ufficio giudiziario ed il creditore, pur avendo tutti i requisiti richiesti dalla norma ed aver corrisposto il contributo unificato, rischiava di vedersi rigettata la richesta.
Con l'art. 19 comma 2, letta a del D.L. 12.09.2014 n. 132, è stato, però, aggiunto l'art. 155 quinquies disp. att. c.p.c. il quale consente ai creditori, sino a quando non fosse diventato funzionante l'accesso diretto da parte degli uffici Unep, di ottenere, sempre previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, direttamente dai gestori delle banche dati le informazioni nelle stesse contenute.
Forte di tale modifica ho ritenuto opportuno avanzare presso il Tribunale di Foggia una istanza ex art. 492 bis c.p.c. ed effettivamente la richiesta mi è stata accolta.
Ottenuta l'autorizzazione ho inoltrato, a mezzo pec, copia del titolo e del precetto nonché duplicato informatico del provvedimento autorizzativo alla Direzione Regionale dell'Agenzia delle Entrate territorialmente competente in base alla residenza del debitore.
L'Agenzia delle Entrate, dopo circa trenta giorni, mi ha risposto chiedendo l'invio dell'originale del provvedimento autorizzativo del Tribunale o dichiarazione sostitutiva attestante la conformità del documento prodotto oltre al versamento di tributi speciali erariali, in base alla Tabella "A" allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 213, come chiarito dalla circolare del 28 luglio 1997 n. 213 emanata dal Ministero delle Finanze.
Sul punto è necessaria una digressione.
L'art. 155 quater disp. att. c.p.c. all'ultimo comma prescrive che "l'accesso da parte dell'ufficiale giudiziario alle banche dati di cui all'art. 492 bis del codice e a quelle individuate con il decreto di cui al primo comma è gratuito. La disposizione di cui al periodo precedente si applica anche all'accesso effettuato a norma dell'art. 155 quinquies di queste disposizioni".
Ritenendo chiaro il dettato normativo, confidavo che il prefato accesso, fermo il pagamento del contributo unificato al momento della presentazione della istanza ex art. 492 bis c.p.c., dovesse essere del tutto gratuito.
Ho segnalato verbalmente la questione all'Agenzia delle Entrate la quale, però, si è giustificata  dicendo che secondo loro tali diritti sono dovuti per la ricerca, visura e rilascio copie di documenti.
Avendo chiaramente interesse ad ottenere le informazioni contenute nella banca dati ho tralasciato ogni ulteriore discussione ed ho provveduto a versare quanto richiesto.
Per quanto, invece, riguardava la richiesta dell'originale del provvedimento autorizzativo del Tribunale ho precisato che il duplicato informatico del provvedimento emesso dal Presidente e prelevato dal fascicolo telematico era già conforme all'originale ivi presente, ad ogni modo ho allegato, sempre per accelerare la pratica ed evitare sterili discussioni, dichiarazione sostitutiva attestante la conformità dei documenti prodotti.
Dopo questa ultima pec, effettivamente ho ottenuto l'agognato accesso alle informazioni dell'Anagrafe Tributaria con le quali l'Agenzia delle Entrate mi ha comunicato la dichiarazione dei redditi percepiti dal debitore e l'anagrafe dei rapporti finanziari afferenti i rapporti esistenti a nome del debitore.
La prima sorpresa è stata che non era indicato il tipo di rapporto (conto corrente, deposito titoli ecc. ecc.) né, in ipotesi di conto corrente, l'eventuale saldo, attivo o passivo, informazione che è, però, detenuta dall'anagrafe tributaria.
Ho contattato telefonicamente l'Agenzia delle Entrate e mi è stato riferito che loro non forniscono queste informazioni ma che i rapporti, come indicato nella dichiarazione, erano attivi, cioè si trattava di rapporti intrattenuti nel recente periodo dal debitore.
Sul punto ritengo opportuno precisare che non considero corretto che l'Agenzia delle Entrante non fornisca l'eventuale saldo del conto corrente, infatti, nell'ipotesi di accesso da parte dell'ufficiale giudiziario, l'art. 492 bis prevede che se nell'accesso sono stati individuati crediti l'ufficiale giudiziario proceda al pignoramento, indi presupponendo la possibilità per l'ufficiale giudiziario di verificare l'esistenza di poste attive, altrimenti non avrebbe crediti da sottoporre a pignoramento.
Poiché, però, allo stato effettivamente non è indicato in alcuna norma quali informazioni debbano essere fornite al creditore autorizzato, non ho potuto fare altro che prendere atto della cosa e provvedere immediatamente, vista anche la imminente scadenza del precetto notificato per dare inizio alla procedura ex art. 492 bis c.p.c., a notificare il pignoramento a tutti i terzi che, dalla dichiarazione, risultavano avere rapporti con il debitore.
Molti dei terzi pignorati hanno inviato la prescritta dichiarazione, ex art. 547 c.p.c., assumendo di non avere rapporti con il debitore.
Ho rappresentato, a mezzo pec, a tali terzi che a seguito delle informazioni comunicatemi dall'Agenzia delle Entrate, ero certo che ci fossero rapporti attivi tra il debitore ed il terzo e che mi riservavo il diritto di contestare, innanzi al G.E., la emessa dichiarazione.
Un unico terzo si è premurato di precisare che l'unico rapporto esistente con il debitore era una delega ad operare per altra persona.
Il problema che a questo punto si pone non è di poco conto.
Si potrebbe, infatti, innanzi al G.E. contestare le dichiarazioni dei terzi, in virtù della comunicazione inviatami dall'Agenzia delle Entrate.
Svolta però la contestazione il G.E. dovrebbe, ex art. 549 c.p.c., compiuti i necessari accertamenti in contraddittorio, decidere con ordinanza circa la contestazione.
Chiaramente all'esito della decisione, e qualora effettivamente il terzo non fosse debitore del debitore, il G.E. potrebbe condannare il creditore al pagamento delle spese di lite.
A tal punto, per tutelare il creditore si sarebbe costretti a svolgere domanda di manleva nei confronti dell'Agenzia delle Entrate, infatti si è proceduto al pignoramento ed alla successiva contestazione delle dichiarazioni in virtù delle informazioni comunicatemi da quest'ultima, la quale ha affermato di aver indicato i rapporti finanziari esistenti.
Tale ipotesi esporrebbe, comunque, il creditore istante ad una serie di giudizi dalla lunga durata e dall'esito incerto.
Si potrebbero, allora, considerare veritiere le dichiarazioni dei terzi, in questa ipotesi, però, tutta l'attività fatta e la valenza stessa della procedura prevista dall'art. 492 bis c.p.c. sarebbe pressoché nulla, ed il tutto sarebbe dipeso dalla poca precisione ed attendibilità delle informazioni comunicate.
Dal momento in cui si è avuto accesso alle informazioni contenute nelle banche dati, e per ottenere tale accesso, è bene sottolinearlo, si versa un contributo unificato e si chiede l'autorizzazione all'autorità giudizairia, è assurdo che vengano fornite notizie incomplete, le quali consentano si di proseguire con il pignoramento ma ne rendano comunque incerto l'esito.
Assurdità che è lampante se si considera che le banche dati contengono informazioni precise e dettagliate che permetterebbero al creditore di notificare il pignoramento essendo sicuro dell'esito favorevole.
Appare francamente arduo comprendere in virtù di quale principio si ritenga giusto comunicare al creditore l'esistenza di rapporti finanziari del debitore limitandosi, però, ad indicare gli istituti di credito senza fornire, con precisione, quali siano i rapporti intercorrenti e se questi comportino l'esistenza di un debito del terzo nei confronti del debitore.
Tale condotta è ancora più assurda se si considera che costringe il creditore a notificare, sostenendo  maggiori oneri, il pignoramento a tutti i terzi indicati, anche a quelli, per esempio, presso i quali il debitore ha attiva una delega ad operare su conto altrui.
Come spesso accade in Italia una buona idea, come ritengo sia stata il consentire l'accesso alle banche dati previsto dalla procedura ex 'art. 492 bis c.p.c. viene svilita e resa pressoché inutile nella applicazione pratica.
Non si può fare altro che sperare che vengano emessi i decreti attuativi con la esatta indicazione delle informazioni che i gestori delle banche dati debbano fornire e, sopratutto, che tra il diritto del creditore a recuperare il credito vantato e il diritto del debitore alla privacy, o meglio a nascondere quanto posseduto, non si ritenga preminente quest'ultimo.



giovedì 24 luglio 2014

Riforma della Giustizia Civile 2

Continuo il commento, cominciato in un precedente post, sulle proposte per la riforma della giustizia civile.
RIDUZIONE DEI TEMPI DELLA GIUSTIZIA CIVILE
Per la riduzione dei tempi le proposte sono a) conciliazione con l'assistenza degli avvocati; b) separazioni e divorzi innanzi all'Ufficiale dello stato civile; c) chi soccombe nel giudizio rimborsa le spese del processo; d) l'avvocato può sentire i testimoni fuori dal processo; e) il giudice può sentire i testimoni a distanza per mezzo di videoconferenza; f) si introducono forme processuali semplificate per le controversie di agevole definizione; g) chi non paga volontariamente i propri debiti dovrà pagare di più.
a) la conciliazione con l'assistenza degli avvocati potrebbe essere una alternativa al giudizio.
Un buon avvocato sconsiglia sempre il giudizio e spinge sempre per la conciliazione considerando i tempi della giustizia e l'incertezza dell'esito della lite. Oggi come oggi nessuno potrà garantire l'esito favorevole di un giudizio perché vi sono troppe variabili, basti considerare che benché la Cassazione abbia espresso un orientamento questo non debba essere necessariamente seguito dai Tribunali.
Prevedere che il verbale di conciliazione sia esecutivo, penso, non incida sulla riduzione dei tempi della giustizia. Come spesso accade in Italia le norme sono già presenti ma non vengono applicate. 
L'art. 185 c.p.c. dà la facoltà al Magistrato di fissare una udienza per la comparizione delle parti volta alla conciliazione, richiesta che può essere avanzata anche dalle parti, il problema è che le parti, una volta iniziato il giudizio, difficilmente tentano la conciliazione.
Inoltre il Magistrato per poter tentare la conciliazione quanto meno dovrebbe conoscere il fascicolo, solo così potrebbe valutare le pretese delle parti ed indurre le medesime a modificare le proprie posizioni. In realtà, quasi sempre, ma ci sono delle eccezioni, il Magistrato non conosce il fascicolo sino a che non lo riserva, cioè lo analizza, il che avviene normalmente dopo che le parti hanno avanzato le richieste istruttorie che il Giudice deve ammettere.
Ritengo, pertanto, che questa misura avrà scarso risultato sulla riduzione dei tempi della giustizia.
b) Anche la possibilità di eseguire separazioni e divorzi consensuali innanzi all'Ufficiale dello Stato Civile non ritengo sia una proposta risolutiva per la riduzione dei tempi processuali.
I giudizi di separazione e divorzio consensuali si svolgono in un unica udienza, ove, normalmente il Giudice verifica, leggendole, le condizioni inserite dalle parti e poi omologa la separazione. Il tempo che occorre per ottenere una separazione congiunta è di solito di qualche mese.
É vero che demandando tale attività all'Ufficiale dello stato civile il Tribunale sarà sgravato da una pur minima attività, ma quanti procedimenti verranno demandati se è esclusa la possibilità di eseguire separazioni e divorzi innanzi all'Ufficiale dello Stato Civile in presenza di figli minori, figli maggiorenni portatori di handicap grave e figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
Ritengo fondamentale prima di provvedere alla modifica verificare in Tribunale tra tutti i giudizi di separazione consensuale quanti siano quelli che saranno demandati all'Ufficiale dello stato civile.
c) La soccombenza nel giudizio è veramente una proposta sconcertante.
L'art. 91 c.p.c. già prescrive che il giudice condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.
La regola, quindi esiste già. Oggi come oggi la condanna non è un deterrente perché se la stessa condanna arriva a distanza di sei anni dall'inizio del processo, la parte, anziché pagare subito sarà tentata di introdurre il giudizio per procrastinare il più possibile il pagamento, secondo il vecchio adagio che a morire ed a pagare c'è sempre tempo, avendo, inoltre, la possibilità nel frattempo di spogliarsi dei beni.
d) L'avvocato può sentire i testimoni fuori dal giudizio, raccogliendo fuori dal processo le dichiarazioni delle persone informate sui fatti della causa e depositare al giudice il documento contenente tali dichiarazioni. Inoltre il Giudice potrà ove lo ritenga necessario disporre la convocazione delle persone sentite dall'avvocato.
Sembrerebbe che l'avvocato potrà, senza la presenza della controparte, porre al testimone qualsiasi domanda e riportare le stesse su un documento, con buona pace del contraddittorio. Per non parlare, poi, dell'ammissibilità delle domande poste al testimone, cosa succederebbe se l'avvocato ponesse delle domande inammissibili al testimone e riportasse tutto nel documento?
É chiaro a tutti quelli che frequentano le aule di giustizia che così facendo la genuinità della prova testimoniale è praticamente nulla.
Il Giudice per valutare la genuinità di un teste dovrebbe poter vedere e sentire tutto quello che il testimone ha dichiarato e come lo ha dichiarato.  
Chiunque ha assistito all'assunzione di una prova testimoniale può confermare che la genuinità della prova non è assicurata neanche quando le dichiarazioni rese in udienza dei testimoni, alla sola presenza degli avvocati, vengono riportate sul verbale, nonostante il teste sia presente in Tribunale, ambiente di solito non familiare, e dovendo il medesimo confermare innanzi al Giudice la veridicità di quanto dichiarato.
Le soluzioni potrebbero essere molteplici.
La proposta non è totalmente da scartare ma andrebbe approfondita e formulata in maniera da non incidere negativamente sulla attendibilità del testimone.
Per esempio le parti potrebbero, dopo l'ammissione dei capitoli di prova effettuata dal Giudice, porre al teste, in contraddittorio, solo le domande ammesse riprendendo il tutto con una videocamera. Il filmato, con il quale il Giudice potrà ascoltare parola per parola quanto dichiarato dal testimone e vedere la reazione alle domande, viene allegato al fascicolo di ufficio.
Diversamente si potrà modificare il codice di procedura civile evitando che le parti debbano formulare specifici capitoli di prova e lasciare all'abilità degli avvocati l'assunzione della prova e le eventuali eccezioni di ammissibilità, sempre riprendendo il tutto con una telecamera. Il Giudice in un secondo momento visto il video ed ascoltate le eccezioni sollevate dalle parti nel corso dell'assunzione dovrà decidere quali eccezioni accogliere e quali parti della registrazione stralciare, infatti, una prova inammissibile non deve essere presente nel processo perché potrebbe comunque condizionare la decisione del giudice.
e) il giudice può sentire a distanza i testimoni a mezzo di videoconferenza.
Questa possibilità potrebbe essere utile sopratutto per i testimoni non residenti nel luogo ove si svolge il giudizio. Spesso, infatti, l'udienza viene rinviata perché il teste non è comparso accampando una giustificazione. Attraverso la videoconferenza questo problema potrebbe essere risolto. Ritengo più incisivo in ordine di risparmio di tempo, però, quanto detto innanzi, sdoganare il Magistrato dall'assumere la prova e delegare tale onere agli avvocati, riservandosi il Giudice il diritto di decidere successivamente sull'ammissibilità della prova ammessa.
f) Formule processuali semplificate per le controversie di agevole definizione consentendo al giudice di adattare le regole del processo alla semplicità  della lite.
Concordo con le forme processuali semplificate non condivido, invece, la facoltà eventualmente riconosciuta al giudice di adattare le regole alla lite.
Le regole devono essere stabilite a priori e non essere modificabili né adattabili in corso di giudizio da parte di alcuno. Maggiormente le regole non sono chiare e precise più contrasti si creano, regole semplici, quindi, ma applicabili a tutti.
g) chi non paga volontariamente i propri debiti dovrà pagare di più.
Il problema sostanziale non è far pagare di più il debitore ma, come detto innanzi, obbligarlo a pagare nel minor tempo possibile. Se il debitore ha facoltà di scegliere tra il pagare subito e promuovere un giudizio con la possibilità di procrastinare il pagamento a sei o sette anni, anche con il rischio di dover pagare di più, sono certo che deciderà per rimandare il pagamento, avendo il tempo, tra l'altro, di liberarsi dei beni eventualmente posseduti.


AZIONI PER LA RIDUZIONE DELL'ARRETRATO CIVILE
Oltre alle proposte analizzate innanzi per la riduzione dell'arretrato civile si suggeriscono decisioni brevi delle cause pendenti mediante l'intervento degli arbitri.
Cioè le cause pendenti davanti al Giudice, su accordo delle parti, saranno trasferite innanzi all'arbitro e questo dovrebbe comportare un "significativo abbattimento dell'arretrato".
Non conosco chi possa credere a questa favola. 
Una parte, dopo aver atteso diversi anni che la causa giunga a decisione ed aver anticipato le spese, dovrebbe improvvisamente decidere che sia meglio far decidere le sorti del giudizio agli arbitri.
Inoltre, il trasferimento dovrà avvenire su accordo delle parti. Normalmente una delle parti del giudizio non ha alcuna fretta a che si giunga ad una decisione, pertanto, per quale motivo dovrebbe dare il proprio assenso al trasferimento.
Ritengo che tale misura porterà un abbattimento dell'arretrato pari allo 0,1%. 


PROCESSO ESECUTIVO
Per il processo esecutivo si suggerisce a) che il creditore deve poter conoscere tutti i beni del suo debitore; b) l'automatizzazione dei registri informatici di cancelleria; c) trasparenza ed efficenza dei fallimenti, dei concordati preventivi e delle esecuzioni sugli immobili.
a) La prima proposta è assolutamente condivisibile, solo consentendo al creditore la possibilità di conoscere i beni che più facilmente sono remunerativi (si pensi ai rapporti di conto correnti, titoli di stato, retribuzioni) si renderà il procedimento esecutivo soddisfacente per il creditore. Certo rendere realtà questa proposta non sarà facile, anche oggi l'ufficiale giudiziario, dopo un primo pignoramento infruttuoso rispetto al credito vantato, può avanzare richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche.
Nella pratica però tale richiesta è inutile atteso che le informazioni fornite non sono recenti e di alcuna utilità per un ulteriore pignoramento.
L'ideale sarebbe quello di mettere l'avvocato nelle condizioni di conoscere i rapporti di conto corrente del debitore, la procedura di pignoramento presso terzi di un credito su conto corrente, infatti, è quella più veloce e che garantisce un veloce recupero del credito. 
b) Parimenti condivisibile è l'automatizzazione dei registri informatici di cancelleria, in modo che i vantaggi del PCT siano estesi anche alle esecuzioni.
c) l'ultima proposta riguarda la trasparenza che si dovrebbe ottenere richiedendo ai professionisti nominati dal giudice un rendiconto periodico che consentirebbe al giudice un effettivo controllo della procedura sia in termini di durata che di costi.
Questa proposta, benché condivisibile, non penso sia molto rilevante, atteso che di solito i professionisti nominati sono celeri nel porre in essere le attività, anche perché è loro interesse terminare la procedura ed incassare quanto dovutogli. Il problema che oggi maggiormente affligge le procedure riguarda la vendita dei beni perché capita sempre più spesso che beni, di discreto valore di mercato, siano difficilmente venduti all'interno di una procedura proprio perché i possibili offerenti attendono che il prezzo scenda notevolmente. In quest'ottica, ritengo, si dovrebbe prestare più attenzione alla segretezza delle offerte, in modo che nessuno possa sapere se per quel dato lotto siano state presentate altre offerte. Verificare, inoltre, l'andamento delle aste con la presenza fattiva delle forze dell'ordine ed, infine, nel far eseguire la stima del bene far prevedere un prezzo al di sotto del quale la vendita non potrà andare. Appare strano, infatti, che spesso le aste vadano deserte, poi quando si è arrivati a prezzi molto bassi, improvvisamente alle aste partecipano molti offerenti ed il prezzo di aggiudicazione, infine, risulti superiore a quello delle ultime aste andate deserte.


CONCLUSIONI
La giustizia civile certamente ha necessità di una riforma che non solo riduca i tempi necessari ad ottenere una decisione ma che, poi, renda produttiva l'esecuzione del provvedimento ottenuto nel minor tempo possibile.
In parte le proposte commentate sono rivolte verso la giusta direzione, altre sono proclami che, secondo la mia esperienza, non porteranno i benefici sperati. 
Ritengo che il Governo o la Commissione nominata, abbiano tutti gli elementi per sapere quali sono le cose che non vanno nella giustizia il problema sarà verificare, e lo si potrà fare nel momento in cui sarà reso pubblico il progetto di legge, se si abbia la vera intenzione di modificare quello che non funziona o, semplicemente, dare la parvenza che questo sia stato fatto.

venerdì 18 luglio 2014

Riforma della Giustizia Civile 1

Dopo le linee guida afferenti la riforma della giustizia, di cui ho parlato in un precedente post, sul sito del Ministero è comparso un documento (visionabile a questa pagina https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7.wp) che indica, in maniera, leggermente più chiara, quali sono le proposte per riformare la giustizia civile.
I punti indicati sono:
1) Riforma magistratura onoraria;
2) Corsie preferenziali per le imprese e per le famiglie;
3) Semplificazione del processo civile;
4)Informatizzazione integrale del processo civile
5)Riduzione dei tempi della giustizia civile;
6)Azioni per la riduzione dell'arretrato civile;
7)Processo esecutivo;.
Vista l'eccessiva lunghezza di un eventuale post unico di commento a tutte le voci ho deciso di suddividere l'analisi, riportando il commento in vari post.

RIFORMA MAGISTRATURA ONORARIA
Non vedo come la riforma della magistratura onoraria possa incidere sui tempi della giustizia civile. É vero che sarebbe necessaria una sistemazione della materia, abbandonata da troppo tempo, ma non penso che questo incida in maniera decisiva sulle sorti dei giudizi civili, salvo che non si intenda affidare, poi, ai magistrati onorari lo smaltimento di tutto l'arretrato, anche se gli ultimi tentativi effettuati in tal senso (le famose sezioni stralcio) non hanno poi raggiunto gli obiettivi sperati.
Una giustizia civile efficiente, ritengo, debba fare a meno della Magistratura Onoraria, se il numero di fascicoli è eccessivo sarebbe opportuno assumere nuovi Magistrati tramite concorso e non tentare di risolvere il problema affidando ad altri la definizioni delle liti.
Vista la lievitazione dei costi della giustizia è un diritto del cittadino pretendere che le proprie vertenze giudiziarie siano decise da professionisti che quanto meno abbiano provato la loro preparazione con il superamento di un concorso che, in teoria, dovrebbe selezionare i più meritevoli.

CORSIE PREFERENZIALI PER LE IMPRESE E PER LE FAMIGLIE
Sono ben accette le corsie preferenziali per imprese e famiglie con la conferma dei Tribunali della Imprese e l'allargamento delle competenze dei Tribunali per i minorenni, importante è che la corsia preferenziale non significhi che le altre questioni giuridiche siano meno rilevanti e meno degne di tutela, perché se è importante risolvere in breve tempo una separazione o una causa afferente la tutela del marchio, parimenti è importante garantire ad una persona di riuscire a recuperare un proprio credito prima che il debitore si spogli di ogni bene.
Se poi il sistema funzionasse e tutta la giustizia fosse garantita in tempi ragionevoli certamente non ci sarebbe bisogno di corsie preferenziali.
Altro elemento fondamentale, conseguenza dei Tribunali speciali, sarebbe il non trasferimento dei Magistrati ivi occupati, perché se un Magistrato per svariati anni si occupa esclusivamente di imprese o di minori non si può trasferirlo in un altro Tribunale che tratta materie differenti e pretendere che in poco tempo sia efficiente.

SEMPLIFICAZIONE DEL PROCESSO CIVILE
a) La semplificazione proposta dovrebbe comportare il rafforzamento del principio di immediata provvisoria efficacia esecutiva di tutte le sentenze di primo e secondo grado per consentire l'immediato recupero dei beni e crediti.
Le sentenze sono già esecutive, i problemi sono ottenere la sentenza in tempi ragionevoli, evitando che il debitore si liberi dei beni, ed essere messi in grado di conoscere di cosa dispone il debitore. Si possono aggredire gli immobili di proprietà, che si rintracciano presso la Conservatoria (rectius Agenzia del Territorio), ma una procedura esecutiva immobiliare oltre ad avere dei costi vivi notevoli, dai seimila agli ottomila euro, comporta un tempo di recupero di almeno cinque o sei anni, in sostanza il creditore deve anticipare notevoli costi per sperare di recuperare le spese anticipate ed il credito vantato dopo cinque o sei anni. L'esecuzione mobiliare, salvo che non si tratti di impresa con attrezzi che possono avere un discreto valore, difficilmente è remunerativa, perché i beni mobili pignorati di solito vengono venduti ad un valore molto basso che a stento riesce a coprire le spese sostenute.
L'avvocato, inoltre, non ha modo di sapere se il debitore dispone di un conto corrente o di titoli da aggredire in quanto sono notizie che le banche non forniscono.
b) sinteticità degli atti da parte del giudice. 
Questo punto generico va sicuramente chiarito, se per sinteticità degli atti si intende provvedimento senza motivazione non posso che dissentire. Il Giudice nell'esprimere il proprio convincimento deve necessariamente motivare per dare la possibilità alle parti di comprendere, e se è il caso criticare, il percorso logico seguito, diversamente il provvedimento sarebbe arbitrario e non sarebbe in alcun modo verificabile.
Il tempo maggiore lo si consuma nello studiare il fascicolo e nel creare mentalmente la giustificazione della decisione, una volta creata non ritengo che trascriverla porti via molto tempo. 
Se, infatti, dietro la sinteticità degli atti si nasconda una sinteticità nello studio del fascicolo, certamente una tale proposta non sarebbe condivisibile.
c) rimodulazione dei tempi processuali eliminando i tempi processuale superflui. Su questo punto nulla da obiettare, importante che i tempi superflui siano eliminati per tutte le parti processuali e non solo per gli avvocati. Sarebbe giusto, come ho già detto in altro post, ridurre i termini di comparizione, i termini per il deposito di memorie ex art. 183 6° comma c.p.c. o i termini della comparsa conclusionale, anzi vado oltre, sarei propenso a rendere il processo civile veramente orale, sul tipo di quello penale, ove l'avvocato deve recarsi in udienza preparato, sia processualmente che nel merito, ed essere in grado, seduta stante, di interloquire sul fascicolo.
Mi è capitato di sentire colleghi che si lamentano perché in udienza collegiale la controparte  si è costituita, depositando comparsa, il giorno della udienza ed il collegio avrebbe rifiutato la richiesta di rinvio basata sulla necessità di approntare controbattere a quanto scritto nella comparsa. L'avvocato, non va dimenticato, anche quando è presente per delega, deve essere in grado di poter controbattere immediatamente alle allegazioni di controparte. Bisogna scrollarsi di dosso la convinzione che in udienza si va solo per "impugnare e contestare e riportarsi a quanto già scritto nei propri atti" e convincersi che l'udienza deve essere un confronto corretto con la controparte ove ognuno illustra al meglio al Giudice la propria posizione.
Parimenti sarebbe opportuno che il Giudice decida al momento sulle richieste ed eventuali eccezioni sollevate dalle parti, senza necessità di doversi riservare.
Solo con l'eliminazione dei tempi inutili si potrà ridurre la durata del processo.
d) rafforzamento del divieto di nuove allegazioni e tipizzazione dei motivi di gravame, intervento per evitare impugnazioni strumentali.
Le nuove allegazioni, già oggi, non sono ammesse in appello, l'art. 345 c.p.c. sancisce l'inammissibilità delle domande nuove, delle eccezioni nuove non rilevabili d'ufficio e dei nuovi mezzi di prova.
In ordine alla tipizzazione dei motivi di gravame, francamente non è chiaro cosa si voglia fare, se l'intenzione è quella di rendere l'appello simile al ricorso per cassazione o di limitare l'accesso all'appello, non sono concorde. Il secondo grado è necessario, è chiaro che non deve essere possibile introdurre nuovi elementi all'interno del giudizio, ma è obbligatorio riconoscere alle parti il diritto di far verificare l'operato del giudice di primo grado. I motivi di appello, come previsto dal c.p.c., devono essere specifici, già questo dovrebbe bastare a circoscrivere il giudizio di secondo grado, bisognerebbe essere più rigidi e dichiarare inammissibili gli appelli che non rispettino tale requisito, senza attendere la sentenza. 
e) revisione del giudizi camerale in Cassazione.
Questa voce è troppo generica per essere commentata, è impossibile, infatti, comprendere quale sia l'intenzione del governo.
f) limiti all'eccepibilità della questione di giurisdizione e competenza.
Questa proposta, effettivamente, potrebbe essere utile, d'altra parte se la parte che avrebbe interesse ad eccepire non lo fa per quale motivo dovrebbero farlo altri. Certo non so cosa questa modifica porterà a vantaggio della riduzione dei termini processuali ma è pur sempre una modifica sensata.

INFORMATIZZAZIONE INTEGRALE DEL PROCESSO CIVILE
Adeguamento delle regole del processo civile per adeguarle alla realtà del processo civile telematico, verso la costituzione di un codice del processo civile telematico.
Certamente questa modifica non inciderà sui tempi della giustizia ma sarebbe veramente auspicabile per gli operatori.
É impensabile che a livello processuale, per capire come fare una cosa, bisogna consultare il codice di procedura civile, tutte le leggi emanate per il processo telematico, i decreti ministeriali, i decreti DGSIA, i protocolli di intesa tra i vari Consigli dell'Ordine e Tribunali.
Le norme, per essere semplici e facilmente verificabili, devono essere necessariamente contenute in un unico testo.



mercoledì 2 luglio 2014

Processi civili in un anno!

Nel corso degli ultimi anni si sono susseguite tante riforme della giustizia nessuna delle quali, però, ha accelerato il giudizio.
L'attuale governo ha da poco dettato le linee guida che dovranno poi essere eseguite dalla riforma vera e propria.
Al momento, vista la genericità delle linee guida, non è assolutamente possibile stabilire se questa ultima riforma avrà un effettivo impatto sulla giustizia civile, per esprimere delle considerazioni sarà necessario attendere che venga illustrato come si intendano raggiungere gli obiettivi prefissati.
Sarebbe sicuramente auspicabile che il primo grado del processo civile termini in un solo anno, a differenza dei sei o sette che occorrono oggi, ma per raggiungere tale obiettivo occorre certamente una riforma epocale.
Appare sufficiente, infatti, fare due calcoli per verificare che con l'attuale codice di procedura civile l'obiettivo prefisso dal governo è irraggiungibile.
Proviamo a fare due conti.
L'attore deve concedere al convenuto i termini a comparire che devono essere non meno di novanta giorni (tre mesi).
In realtà quando si cita qualcuno in giudizio non si concedono mai novanta giorni ma sempre qualcuno in più, diciamo almeno una decina, in quanto se la notifica, per esempio, avviene a mezzo posta, si deve tener presente che il convenuto potrebbe non ritirare immediatamente il plico e quindi bisognerebbe attendere che la notifica si perfezioni con la compiuta giacenza.
Quindi il giudizio non è ancora arrivato davanti al Giudice che si sono persi cento di quei trecentosessantacinque giorni che dovrebbero essere necessari a terminare il processo.
Nel corso della prima udienza, poi, ipotizzando la versione più semplicistica del giudizio, cioè quella in cui il convenuto non abbia necessità di chiamare in causa un terzo, ipotesi che comporterebbe un ulteriore rinvio della prima udienza, le parti, -ma è sufficiente che li chieda anche uno soltanto delle parti, di solito chi non ha fretta che il giudizio arrivi a decisione-, chiedono i termini di cui all'art. 183 6° comma c.p.c., cioè i termini per precisare le domande, articolare i mezzi di prova e replicare alle prove chieste da controparte.
Tali termini sono trenta giorni per il deposito delle prime memorie, altri trenta giorni per le seconde memorie ed infine venti giorni per le repliche.
Ed è cosi che sono decorsi dall'inizio del giudizio sei mesi.
A questo va aggiunto che il Giudice, a seguito della richiesta dei termini ed all'esito della scadenza di questi, fissa un udienza in cui si riserverà sulle richieste delle parti.
Ipotizziamo sempre la via più veloce e cioè che l'udienza sia stata fissata immediatamente dopo la scadenza dei suddetti termini e che il Giudice non ammetta le prove richieste dalle parti, quindi non siano necessarie ulteriori udienze istruttorie, circostanza, questa, che per la verità si verifica assai raramente.
In questa ipotesi il Giudice fissa un'ultima udienza chiamata "di precisazione delle conclusioni".
Alla udienza le parti concludono, riportando le proprie richieste, ed il Giudice concede sessanta giorni (due mesi) per il deposito della comparsa conclusionale e venti giorni per la replica.
Il Giudice, poi, ha trenta giorni per emettere la sentenza.
Concludendo sono passati nove mesi e venti giorni.
Quanto innanzi, però, è una ipotesi utopistica, infatti, nel giudizio di primo grado, di solito, si assume la prova, ciò comporta che vengono fissate più udienze per l'assunzione dei mezzi di prova e, normalmente, le udienze vengono rinviate di sei mesi.
Cioè per essere chiari se io chiedo oggi i termini di cui all'art. 183 6° comma, l'udienza normalmente è fissata a gennaio 2015.
Poi l'udienza di precisazione delle conclusioni viene fissata molto più in la e tiene conto anche dell'anno in cui è iniziata una lite, ci sono cause per le quali l'udienza di precisazione delle conclusioni risulta fissata al 2017.
Quali sono le conclusioni a cui voglio giungere?
É certamente auspicabile che il processo di primo grado termini in un anno, ma per ottenere ciò è necessaria una epocale riforma del giudizio.
Ritengo non sia semplice il compito della commissione giustizia, certamente si dovranno  ridurre, se non eliminare, i termini concessi alle parti, non è possibile concedere un termine di comparizione di novanta giorni, né ottanta giorni per le memorie, né sessanta giorni per la comparsa conclusionale, ma ridurre esclusivamente i termini alle parti non risolverà il problema del processo civile sino a quando le udienze saranno fissate di sei mesi in sei mesi, il Giudice sarà libero di fissare l'udienza di precisazione delle conclusioni in qualsiasi tempo e non avrà obbligo di rispettare il termine per il deposito della sentenza.
I termini devono essere ridotti ma sopratutto devono essere rispettati da tutti perché, in caso contrario, ogni termine diviene puramente indicativo.
Non resta che attendere fiduciosi la riforma proposta dalla commissione auspicando che questa volta, a differenze delle precedenti riforme, si riescano realmente a ridurre i tempi della giustizia.




venerdì 2 maggio 2014

ILLUSIONE

Nel leggere una rivista giuridica nazionale la mia attenzione è stata attratta dall'invito, rivolto a tutti i lettori, di segnalare i provvedimenti dell'autorità giudiziaria degni di nota, in modo che gli stessi potessero essere pubblicati sulla rivista.
Avendo da poco avuto notizia di un provvedimento che ritenevo degno di nota ho provveduto ad inviare lo stesso, corredato da un breve commento, al responsabile della rivista.
Molto cordialmente il responsabile della rivista mi ha giustamente evidenziato che i commenti venivano assegnati di volta in volta dai Direttori Scientifici della rivista in autonomia rispetto all'editore.
Non avendo ben compreso se avessi dovuto inviare al Direttore Scientifico, pur ignorando chi fosse, il commento o se fosse stato possibile redigere i commenti solo dopo espresso invito del Direttore Scientifico, ho scritto nuovamente al responsabile chiedendo lumi.
Questo mi ha confermato che i Direttori Scientifici affidano autonomamente i commenti, ma che comunque prendono in considerazione anche quelli loro inviati, e qualora li ritengano meritevoli li trasmettono alla rivista.
Nel contempo il responsabile mi ha comunicato che la redazione di un commento per la rivista deve seguire dei criteri redazionali ben precisi e, gentilmente, mi ha inviato via e-mail le istruzioni degli autori, ove erano indicati pure i Direttori Scientifici con gli indirizzi di posta elettronica a cui inviare i commenti.
Essendo la prima volta che mi cimentavo a scrivere un commento per una rivista giuridica nazionale ho studiato con attenzione le istruzioni ed ho modificato il commento seguendo scrupolosamente le stesse.
Terminato il commento ho provveduto, a fine novembre 2013, ad inviarlo via e-mail al Direttore Scientifico competente per materia.
Non avendo ricevuto alcun ulteriore riscontro alla richiesta ed ignorando persino se la e-mail sia pervenuta al Direttore Scientifico, nel mese di marzo 2014 ho scritto allo stesso, chiedendo se quanto meno potesse confermarmi l'avvenuta ricezione della e-mail.
Ad oggi anche a quest'ultima richiesta è rimasta inevasa.
Capisco che il commento da me redatto possa non essere completo e meritevole di essere pubblicato su una rivista nazionale, ma ritengo che questo giudizio debba essermi quanto meno comunicato.
É impossibile solo pensare che per poter pubblicare su una rivista giuridica non conti nulla lo scritto ma siano essenziali i rapporti intercorrenti con i vari Direttori Scientifici e gli inviti a pubblicare da questi formulati.
Resto, comunque, in attesa che mi venga comunicata l'avvenuta valutazione del commento inviato, sperando che tale attesa non sia vana.


venerdì 11 aprile 2014

Prosegue l'introduzione del PCT presso il Tribunale di Foggia

É stato emesso il decreto, ai sensi dell'art. 35 comma 1° del D.M. n. 44 del 2011, che attiva il processo civile telematico presso il Tribunale di Foggia per le procedure esecutive immobiliari e per i fallimenti.

Dal 15/04/2014, quindi, in base al combinato disposto dell'art.16-bis D.L. n. 179 del 2012 e del decreto innanzi indicato, sarà possibile depositare, con valore legale, nelle procedure esecutive immobiliari tutti gli atti successivi al pignoramento.
Mentre per le procedure concorsuali sarà possibile il deposito degli atti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario. 
Prosegue, per fortuna, l'iter che porterà gradualmente all'effettiva entrata in vigore del processo civile telematico.

venerdì 4 aprile 2014

Buon lavoro Ministro della Giustizia

Quando dall'attuale governo è stato nominato Andrea Orlando quale Ministro della Giustizia, sinceramente, ho nutrito forti dubbi che potesse fare qualcosa in quanto non "esperto" in materie giuridiche, anche se a dirla tutta, i precedenti ministri che esperti lo erano, non hanno fatto molto.
Il primo passo del Ministro, invece, è stato quello di convocare le rappresentanze degli avvocati e l'associazione nazionale magistrati per ascoltare le proposte in ordine alla riforma della giustizia.
Questo gesto, che potrebbe sembrare scontato, assume notevole rilevanza, invece, perché totalmente in contrasto con quanto fatto dai precedenti ministri i quali nel tentare di riformare la Giustizia non avevano in alcun modo preso in considerazione le categorie che all'interno del mondo giustizia ci passano ogni giorno.
Sebbene, quindi, il Ministro abbia giustamente confermato, nel rispetto dei ruoli, che spetterà a lui decidere su quali binari dovrà procedere la riforma, ha fornito un esempio di democrazia oltre che dare prova di grande intelligenza politica perché ritengo impensabile pensare ad una riforma della Giustizia senza il fattuale intervento dell'avvocatura e della magistratura che sono elementi determinanti del sistema.
Se questo è il modo di agire dei non "esperti" ben vengano, forse questa è la volta buona che si riesce ad avere una riforma della giustizia che possa essere realmente tale.
Che altro aggiungere se non buon lavoro Ministro.