giovedì 24 luglio 2014

Riforma della Giustizia Civile 2

Continuo il commento, cominciato in un precedente post, sulle proposte per la riforma della giustizia civile.
RIDUZIONE DEI TEMPI DELLA GIUSTIZIA CIVILE
Per la riduzione dei tempi le proposte sono a) conciliazione con l'assistenza degli avvocati; b) separazioni e divorzi innanzi all'Ufficiale dello stato civile; c) chi soccombe nel giudizio rimborsa le spese del processo; d) l'avvocato può sentire i testimoni fuori dal processo; e) il giudice può sentire i testimoni a distanza per mezzo di videoconferenza; f) si introducono forme processuali semplificate per le controversie di agevole definizione; g) chi non paga volontariamente i propri debiti dovrà pagare di più.
a) la conciliazione con l'assistenza degli avvocati potrebbe essere una alternativa al giudizio.
Un buon avvocato sconsiglia sempre il giudizio e spinge sempre per la conciliazione considerando i tempi della giustizia e l'incertezza dell'esito della lite. Oggi come oggi nessuno potrà garantire l'esito favorevole di un giudizio perché vi sono troppe variabili, basti considerare che benché la Cassazione abbia espresso un orientamento questo non debba essere necessariamente seguito dai Tribunali.
Prevedere che il verbale di conciliazione sia esecutivo, penso, non incida sulla riduzione dei tempi della giustizia. Come spesso accade in Italia le norme sono già presenti ma non vengono applicate. 
L'art. 185 c.p.c. dà la facoltà al Magistrato di fissare una udienza per la comparizione delle parti volta alla conciliazione, richiesta che può essere avanzata anche dalle parti, il problema è che le parti, una volta iniziato il giudizio, difficilmente tentano la conciliazione.
Inoltre il Magistrato per poter tentare la conciliazione quanto meno dovrebbe conoscere il fascicolo, solo così potrebbe valutare le pretese delle parti ed indurre le medesime a modificare le proprie posizioni. In realtà, quasi sempre, ma ci sono delle eccezioni, il Magistrato non conosce il fascicolo sino a che non lo riserva, cioè lo analizza, il che avviene normalmente dopo che le parti hanno avanzato le richieste istruttorie che il Giudice deve ammettere.
Ritengo, pertanto, che questa misura avrà scarso risultato sulla riduzione dei tempi della giustizia.
b) Anche la possibilità di eseguire separazioni e divorzi consensuali innanzi all'Ufficiale dello Stato Civile non ritengo sia una proposta risolutiva per la riduzione dei tempi processuali.
I giudizi di separazione e divorzio consensuali si svolgono in un unica udienza, ove, normalmente il Giudice verifica, leggendole, le condizioni inserite dalle parti e poi omologa la separazione. Il tempo che occorre per ottenere una separazione congiunta è di solito di qualche mese.
É vero che demandando tale attività all'Ufficiale dello stato civile il Tribunale sarà sgravato da una pur minima attività, ma quanti procedimenti verranno demandati se è esclusa la possibilità di eseguire separazioni e divorzi innanzi all'Ufficiale dello Stato Civile in presenza di figli minori, figli maggiorenni portatori di handicap grave e figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.
Ritengo fondamentale prima di provvedere alla modifica verificare in Tribunale tra tutti i giudizi di separazione consensuale quanti siano quelli che saranno demandati all'Ufficiale dello stato civile.
c) La soccombenza nel giudizio è veramente una proposta sconcertante.
L'art. 91 c.p.c. già prescrive che il giudice condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte e ne liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa.
La regola, quindi esiste già. Oggi come oggi la condanna non è un deterrente perché se la stessa condanna arriva a distanza di sei anni dall'inizio del processo, la parte, anziché pagare subito sarà tentata di introdurre il giudizio per procrastinare il più possibile il pagamento, secondo il vecchio adagio che a morire ed a pagare c'è sempre tempo, avendo, inoltre, la possibilità nel frattempo di spogliarsi dei beni.
d) L'avvocato può sentire i testimoni fuori dal giudizio, raccogliendo fuori dal processo le dichiarazioni delle persone informate sui fatti della causa e depositare al giudice il documento contenente tali dichiarazioni. Inoltre il Giudice potrà ove lo ritenga necessario disporre la convocazione delle persone sentite dall'avvocato.
Sembrerebbe che l'avvocato potrà, senza la presenza della controparte, porre al testimone qualsiasi domanda e riportare le stesse su un documento, con buona pace del contraddittorio. Per non parlare, poi, dell'ammissibilità delle domande poste al testimone, cosa succederebbe se l'avvocato ponesse delle domande inammissibili al testimone e riportasse tutto nel documento?
É chiaro a tutti quelli che frequentano le aule di giustizia che così facendo la genuinità della prova testimoniale è praticamente nulla.
Il Giudice per valutare la genuinità di un teste dovrebbe poter vedere e sentire tutto quello che il testimone ha dichiarato e come lo ha dichiarato.  
Chiunque ha assistito all'assunzione di una prova testimoniale può confermare che la genuinità della prova non è assicurata neanche quando le dichiarazioni rese in udienza dei testimoni, alla sola presenza degli avvocati, vengono riportate sul verbale, nonostante il teste sia presente in Tribunale, ambiente di solito non familiare, e dovendo il medesimo confermare innanzi al Giudice la veridicità di quanto dichiarato.
Le soluzioni potrebbero essere molteplici.
La proposta non è totalmente da scartare ma andrebbe approfondita e formulata in maniera da non incidere negativamente sulla attendibilità del testimone.
Per esempio le parti potrebbero, dopo l'ammissione dei capitoli di prova effettuata dal Giudice, porre al teste, in contraddittorio, solo le domande ammesse riprendendo il tutto con una videocamera. Il filmato, con il quale il Giudice potrà ascoltare parola per parola quanto dichiarato dal testimone e vedere la reazione alle domande, viene allegato al fascicolo di ufficio.
Diversamente si potrà modificare il codice di procedura civile evitando che le parti debbano formulare specifici capitoli di prova e lasciare all'abilità degli avvocati l'assunzione della prova e le eventuali eccezioni di ammissibilità, sempre riprendendo il tutto con una telecamera. Il Giudice in un secondo momento visto il video ed ascoltate le eccezioni sollevate dalle parti nel corso dell'assunzione dovrà decidere quali eccezioni accogliere e quali parti della registrazione stralciare, infatti, una prova inammissibile non deve essere presente nel processo perché potrebbe comunque condizionare la decisione del giudice.
e) il giudice può sentire a distanza i testimoni a mezzo di videoconferenza.
Questa possibilità potrebbe essere utile sopratutto per i testimoni non residenti nel luogo ove si svolge il giudizio. Spesso, infatti, l'udienza viene rinviata perché il teste non è comparso accampando una giustificazione. Attraverso la videoconferenza questo problema potrebbe essere risolto. Ritengo più incisivo in ordine di risparmio di tempo, però, quanto detto innanzi, sdoganare il Magistrato dall'assumere la prova e delegare tale onere agli avvocati, riservandosi il Giudice il diritto di decidere successivamente sull'ammissibilità della prova ammessa.
f) Formule processuali semplificate per le controversie di agevole definizione consentendo al giudice di adattare le regole del processo alla semplicità  della lite.
Concordo con le forme processuali semplificate non condivido, invece, la facoltà eventualmente riconosciuta al giudice di adattare le regole alla lite.
Le regole devono essere stabilite a priori e non essere modificabili né adattabili in corso di giudizio da parte di alcuno. Maggiormente le regole non sono chiare e precise più contrasti si creano, regole semplici, quindi, ma applicabili a tutti.
g) chi non paga volontariamente i propri debiti dovrà pagare di più.
Il problema sostanziale non è far pagare di più il debitore ma, come detto innanzi, obbligarlo a pagare nel minor tempo possibile. Se il debitore ha facoltà di scegliere tra il pagare subito e promuovere un giudizio con la possibilità di procrastinare il pagamento a sei o sette anni, anche con il rischio di dover pagare di più, sono certo che deciderà per rimandare il pagamento, avendo il tempo, tra l'altro, di liberarsi dei beni eventualmente posseduti.


AZIONI PER LA RIDUZIONE DELL'ARRETRATO CIVILE
Oltre alle proposte analizzate innanzi per la riduzione dell'arretrato civile si suggeriscono decisioni brevi delle cause pendenti mediante l'intervento degli arbitri.
Cioè le cause pendenti davanti al Giudice, su accordo delle parti, saranno trasferite innanzi all'arbitro e questo dovrebbe comportare un "significativo abbattimento dell'arretrato".
Non conosco chi possa credere a questa favola. 
Una parte, dopo aver atteso diversi anni che la causa giunga a decisione ed aver anticipato le spese, dovrebbe improvvisamente decidere che sia meglio far decidere le sorti del giudizio agli arbitri.
Inoltre, il trasferimento dovrà avvenire su accordo delle parti. Normalmente una delle parti del giudizio non ha alcuna fretta a che si giunga ad una decisione, pertanto, per quale motivo dovrebbe dare il proprio assenso al trasferimento.
Ritengo che tale misura porterà un abbattimento dell'arretrato pari allo 0,1%. 


PROCESSO ESECUTIVO
Per il processo esecutivo si suggerisce a) che il creditore deve poter conoscere tutti i beni del suo debitore; b) l'automatizzazione dei registri informatici di cancelleria; c) trasparenza ed efficenza dei fallimenti, dei concordati preventivi e delle esecuzioni sugli immobili.
a) La prima proposta è assolutamente condivisibile, solo consentendo al creditore la possibilità di conoscere i beni che più facilmente sono remunerativi (si pensi ai rapporti di conto correnti, titoli di stato, retribuzioni) si renderà il procedimento esecutivo soddisfacente per il creditore. Certo rendere realtà questa proposta non sarà facile, anche oggi l'ufficiale giudiziario, dopo un primo pignoramento infruttuoso rispetto al credito vantato, può avanzare richiesta ai soggetti gestori dell'anagrafe tributaria e di altre banche dati pubbliche.
Nella pratica però tale richiesta è inutile atteso che le informazioni fornite non sono recenti e di alcuna utilità per un ulteriore pignoramento.
L'ideale sarebbe quello di mettere l'avvocato nelle condizioni di conoscere i rapporti di conto corrente del debitore, la procedura di pignoramento presso terzi di un credito su conto corrente, infatti, è quella più veloce e che garantisce un veloce recupero del credito. 
b) Parimenti condivisibile è l'automatizzazione dei registri informatici di cancelleria, in modo che i vantaggi del PCT siano estesi anche alle esecuzioni.
c) l'ultima proposta riguarda la trasparenza che si dovrebbe ottenere richiedendo ai professionisti nominati dal giudice un rendiconto periodico che consentirebbe al giudice un effettivo controllo della procedura sia in termini di durata che di costi.
Questa proposta, benché condivisibile, non penso sia molto rilevante, atteso che di solito i professionisti nominati sono celeri nel porre in essere le attività, anche perché è loro interesse terminare la procedura ed incassare quanto dovutogli. Il problema che oggi maggiormente affligge le procedure riguarda la vendita dei beni perché capita sempre più spesso che beni, di discreto valore di mercato, siano difficilmente venduti all'interno di una procedura proprio perché i possibili offerenti attendono che il prezzo scenda notevolmente. In quest'ottica, ritengo, si dovrebbe prestare più attenzione alla segretezza delle offerte, in modo che nessuno possa sapere se per quel dato lotto siano state presentate altre offerte. Verificare, inoltre, l'andamento delle aste con la presenza fattiva delle forze dell'ordine ed, infine, nel far eseguire la stima del bene far prevedere un prezzo al di sotto del quale la vendita non potrà andare. Appare strano, infatti, che spesso le aste vadano deserte, poi quando si è arrivati a prezzi molto bassi, improvvisamente alle aste partecipano molti offerenti ed il prezzo di aggiudicazione, infine, risulti superiore a quello delle ultime aste andate deserte.


CONCLUSIONI
La giustizia civile certamente ha necessità di una riforma che non solo riduca i tempi necessari ad ottenere una decisione ma che, poi, renda produttiva l'esecuzione del provvedimento ottenuto nel minor tempo possibile.
In parte le proposte commentate sono rivolte verso la giusta direzione, altre sono proclami che, secondo la mia esperienza, non porteranno i benefici sperati. 
Ritengo che il Governo o la Commissione nominata, abbiano tutti gli elementi per sapere quali sono le cose che non vanno nella giustizia il problema sarà verificare, e lo si potrà fare nel momento in cui sarà reso pubblico il progetto di legge, se si abbia la vera intenzione di modificare quello che non funziona o, semplicemente, dare la parvenza che questo sia stato fatto.

venerdì 18 luglio 2014

Riforma della Giustizia Civile 1

Dopo le linee guida afferenti la riforma della giustizia, di cui ho parlato in un precedente post, sul sito del Ministero è comparso un documento (visionabile a questa pagina https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_2_7.wp) che indica, in maniera, leggermente più chiara, quali sono le proposte per riformare la giustizia civile.
I punti indicati sono:
1) Riforma magistratura onoraria;
2) Corsie preferenziali per le imprese e per le famiglie;
3) Semplificazione del processo civile;
4)Informatizzazione integrale del processo civile
5)Riduzione dei tempi della giustizia civile;
6)Azioni per la riduzione dell'arretrato civile;
7)Processo esecutivo;.
Vista l'eccessiva lunghezza di un eventuale post unico di commento a tutte le voci ho deciso di suddividere l'analisi, riportando il commento in vari post.

RIFORMA MAGISTRATURA ONORARIA
Non vedo come la riforma della magistratura onoraria possa incidere sui tempi della giustizia civile. É vero che sarebbe necessaria una sistemazione della materia, abbandonata da troppo tempo, ma non penso che questo incida in maniera decisiva sulle sorti dei giudizi civili, salvo che non si intenda affidare, poi, ai magistrati onorari lo smaltimento di tutto l'arretrato, anche se gli ultimi tentativi effettuati in tal senso (le famose sezioni stralcio) non hanno poi raggiunto gli obiettivi sperati.
Una giustizia civile efficiente, ritengo, debba fare a meno della Magistratura Onoraria, se il numero di fascicoli è eccessivo sarebbe opportuno assumere nuovi Magistrati tramite concorso e non tentare di risolvere il problema affidando ad altri la definizioni delle liti.
Vista la lievitazione dei costi della giustizia è un diritto del cittadino pretendere che le proprie vertenze giudiziarie siano decise da professionisti che quanto meno abbiano provato la loro preparazione con il superamento di un concorso che, in teoria, dovrebbe selezionare i più meritevoli.

CORSIE PREFERENZIALI PER LE IMPRESE E PER LE FAMIGLIE
Sono ben accette le corsie preferenziali per imprese e famiglie con la conferma dei Tribunali della Imprese e l'allargamento delle competenze dei Tribunali per i minorenni, importante è che la corsia preferenziale non significhi che le altre questioni giuridiche siano meno rilevanti e meno degne di tutela, perché se è importante risolvere in breve tempo una separazione o una causa afferente la tutela del marchio, parimenti è importante garantire ad una persona di riuscire a recuperare un proprio credito prima che il debitore si spogli di ogni bene.
Se poi il sistema funzionasse e tutta la giustizia fosse garantita in tempi ragionevoli certamente non ci sarebbe bisogno di corsie preferenziali.
Altro elemento fondamentale, conseguenza dei Tribunali speciali, sarebbe il non trasferimento dei Magistrati ivi occupati, perché se un Magistrato per svariati anni si occupa esclusivamente di imprese o di minori non si può trasferirlo in un altro Tribunale che tratta materie differenti e pretendere che in poco tempo sia efficiente.

SEMPLIFICAZIONE DEL PROCESSO CIVILE
a) La semplificazione proposta dovrebbe comportare il rafforzamento del principio di immediata provvisoria efficacia esecutiva di tutte le sentenze di primo e secondo grado per consentire l'immediato recupero dei beni e crediti.
Le sentenze sono già esecutive, i problemi sono ottenere la sentenza in tempi ragionevoli, evitando che il debitore si liberi dei beni, ed essere messi in grado di conoscere di cosa dispone il debitore. Si possono aggredire gli immobili di proprietà, che si rintracciano presso la Conservatoria (rectius Agenzia del Territorio), ma una procedura esecutiva immobiliare oltre ad avere dei costi vivi notevoli, dai seimila agli ottomila euro, comporta un tempo di recupero di almeno cinque o sei anni, in sostanza il creditore deve anticipare notevoli costi per sperare di recuperare le spese anticipate ed il credito vantato dopo cinque o sei anni. L'esecuzione mobiliare, salvo che non si tratti di impresa con attrezzi che possono avere un discreto valore, difficilmente è remunerativa, perché i beni mobili pignorati di solito vengono venduti ad un valore molto basso che a stento riesce a coprire le spese sostenute.
L'avvocato, inoltre, non ha modo di sapere se il debitore dispone di un conto corrente o di titoli da aggredire in quanto sono notizie che le banche non forniscono.
b) sinteticità degli atti da parte del giudice. 
Questo punto generico va sicuramente chiarito, se per sinteticità degli atti si intende provvedimento senza motivazione non posso che dissentire. Il Giudice nell'esprimere il proprio convincimento deve necessariamente motivare per dare la possibilità alle parti di comprendere, e se è il caso criticare, il percorso logico seguito, diversamente il provvedimento sarebbe arbitrario e non sarebbe in alcun modo verificabile.
Il tempo maggiore lo si consuma nello studiare il fascicolo e nel creare mentalmente la giustificazione della decisione, una volta creata non ritengo che trascriverla porti via molto tempo. 
Se, infatti, dietro la sinteticità degli atti si nasconda una sinteticità nello studio del fascicolo, certamente una tale proposta non sarebbe condivisibile.
c) rimodulazione dei tempi processuali eliminando i tempi processuale superflui. Su questo punto nulla da obiettare, importante che i tempi superflui siano eliminati per tutte le parti processuali e non solo per gli avvocati. Sarebbe giusto, come ho già detto in altro post, ridurre i termini di comparizione, i termini per il deposito di memorie ex art. 183 6° comma c.p.c. o i termini della comparsa conclusionale, anzi vado oltre, sarei propenso a rendere il processo civile veramente orale, sul tipo di quello penale, ove l'avvocato deve recarsi in udienza preparato, sia processualmente che nel merito, ed essere in grado, seduta stante, di interloquire sul fascicolo.
Mi è capitato di sentire colleghi che si lamentano perché in udienza collegiale la controparte  si è costituita, depositando comparsa, il giorno della udienza ed il collegio avrebbe rifiutato la richiesta di rinvio basata sulla necessità di approntare controbattere a quanto scritto nella comparsa. L'avvocato, non va dimenticato, anche quando è presente per delega, deve essere in grado di poter controbattere immediatamente alle allegazioni di controparte. Bisogna scrollarsi di dosso la convinzione che in udienza si va solo per "impugnare e contestare e riportarsi a quanto già scritto nei propri atti" e convincersi che l'udienza deve essere un confronto corretto con la controparte ove ognuno illustra al meglio al Giudice la propria posizione.
Parimenti sarebbe opportuno che il Giudice decida al momento sulle richieste ed eventuali eccezioni sollevate dalle parti, senza necessità di doversi riservare.
Solo con l'eliminazione dei tempi inutili si potrà ridurre la durata del processo.
d) rafforzamento del divieto di nuove allegazioni e tipizzazione dei motivi di gravame, intervento per evitare impugnazioni strumentali.
Le nuove allegazioni, già oggi, non sono ammesse in appello, l'art. 345 c.p.c. sancisce l'inammissibilità delle domande nuove, delle eccezioni nuove non rilevabili d'ufficio e dei nuovi mezzi di prova.
In ordine alla tipizzazione dei motivi di gravame, francamente non è chiaro cosa si voglia fare, se l'intenzione è quella di rendere l'appello simile al ricorso per cassazione o di limitare l'accesso all'appello, non sono concorde. Il secondo grado è necessario, è chiaro che non deve essere possibile introdurre nuovi elementi all'interno del giudizio, ma è obbligatorio riconoscere alle parti il diritto di far verificare l'operato del giudice di primo grado. I motivi di appello, come previsto dal c.p.c., devono essere specifici, già questo dovrebbe bastare a circoscrivere il giudizio di secondo grado, bisognerebbe essere più rigidi e dichiarare inammissibili gli appelli che non rispettino tale requisito, senza attendere la sentenza. 
e) revisione del giudizi camerale in Cassazione.
Questa voce è troppo generica per essere commentata, è impossibile, infatti, comprendere quale sia l'intenzione del governo.
f) limiti all'eccepibilità della questione di giurisdizione e competenza.
Questa proposta, effettivamente, potrebbe essere utile, d'altra parte se la parte che avrebbe interesse ad eccepire non lo fa per quale motivo dovrebbero farlo altri. Certo non so cosa questa modifica porterà a vantaggio della riduzione dei termini processuali ma è pur sempre una modifica sensata.

INFORMATIZZAZIONE INTEGRALE DEL PROCESSO CIVILE
Adeguamento delle regole del processo civile per adeguarle alla realtà del processo civile telematico, verso la costituzione di un codice del processo civile telematico.
Certamente questa modifica non inciderà sui tempi della giustizia ma sarebbe veramente auspicabile per gli operatori.
É impensabile che a livello processuale, per capire come fare una cosa, bisogna consultare il codice di procedura civile, tutte le leggi emanate per il processo telematico, i decreti ministeriali, i decreti DGSIA, i protocolli di intesa tra i vari Consigli dell'Ordine e Tribunali.
Le norme, per essere semplici e facilmente verificabili, devono essere necessariamente contenute in un unico testo.



mercoledì 2 luglio 2014

Processi civili in un anno!

Nel corso degli ultimi anni si sono susseguite tante riforme della giustizia nessuna delle quali, però, ha accelerato il giudizio.
L'attuale governo ha da poco dettato le linee guida che dovranno poi essere eseguite dalla riforma vera e propria.
Al momento, vista la genericità delle linee guida, non è assolutamente possibile stabilire se questa ultima riforma avrà un effettivo impatto sulla giustizia civile, per esprimere delle considerazioni sarà necessario attendere che venga illustrato come si intendano raggiungere gli obiettivi prefissati.
Sarebbe sicuramente auspicabile che il primo grado del processo civile termini in un solo anno, a differenza dei sei o sette che occorrono oggi, ma per raggiungere tale obiettivo occorre certamente una riforma epocale.
Appare sufficiente, infatti, fare due calcoli per verificare che con l'attuale codice di procedura civile l'obiettivo prefisso dal governo è irraggiungibile.
Proviamo a fare due conti.
L'attore deve concedere al convenuto i termini a comparire che devono essere non meno di novanta giorni (tre mesi).
In realtà quando si cita qualcuno in giudizio non si concedono mai novanta giorni ma sempre qualcuno in più, diciamo almeno una decina, in quanto se la notifica, per esempio, avviene a mezzo posta, si deve tener presente che il convenuto potrebbe non ritirare immediatamente il plico e quindi bisognerebbe attendere che la notifica si perfezioni con la compiuta giacenza.
Quindi il giudizio non è ancora arrivato davanti al Giudice che si sono persi cento di quei trecentosessantacinque giorni che dovrebbero essere necessari a terminare il processo.
Nel corso della prima udienza, poi, ipotizzando la versione più semplicistica del giudizio, cioè quella in cui il convenuto non abbia necessità di chiamare in causa un terzo, ipotesi che comporterebbe un ulteriore rinvio della prima udienza, le parti, -ma è sufficiente che li chieda anche uno soltanto delle parti, di solito chi non ha fretta che il giudizio arrivi a decisione-, chiedono i termini di cui all'art. 183 6° comma c.p.c., cioè i termini per precisare le domande, articolare i mezzi di prova e replicare alle prove chieste da controparte.
Tali termini sono trenta giorni per il deposito delle prime memorie, altri trenta giorni per le seconde memorie ed infine venti giorni per le repliche.
Ed è cosi che sono decorsi dall'inizio del giudizio sei mesi.
A questo va aggiunto che il Giudice, a seguito della richiesta dei termini ed all'esito della scadenza di questi, fissa un udienza in cui si riserverà sulle richieste delle parti.
Ipotizziamo sempre la via più veloce e cioè che l'udienza sia stata fissata immediatamente dopo la scadenza dei suddetti termini e che il Giudice non ammetta le prove richieste dalle parti, quindi non siano necessarie ulteriori udienze istruttorie, circostanza, questa, che per la verità si verifica assai raramente.
In questa ipotesi il Giudice fissa un'ultima udienza chiamata "di precisazione delle conclusioni".
Alla udienza le parti concludono, riportando le proprie richieste, ed il Giudice concede sessanta giorni (due mesi) per il deposito della comparsa conclusionale e venti giorni per la replica.
Il Giudice, poi, ha trenta giorni per emettere la sentenza.
Concludendo sono passati nove mesi e venti giorni.
Quanto innanzi, però, è una ipotesi utopistica, infatti, nel giudizio di primo grado, di solito, si assume la prova, ciò comporta che vengono fissate più udienze per l'assunzione dei mezzi di prova e, normalmente, le udienze vengono rinviate di sei mesi.
Cioè per essere chiari se io chiedo oggi i termini di cui all'art. 183 6° comma, l'udienza normalmente è fissata a gennaio 2015.
Poi l'udienza di precisazione delle conclusioni viene fissata molto più in la e tiene conto anche dell'anno in cui è iniziata una lite, ci sono cause per le quali l'udienza di precisazione delle conclusioni risulta fissata al 2017.
Quali sono le conclusioni a cui voglio giungere?
É certamente auspicabile che il processo di primo grado termini in un anno, ma per ottenere ciò è necessaria una epocale riforma del giudizio.
Ritengo non sia semplice il compito della commissione giustizia, certamente si dovranno  ridurre, se non eliminare, i termini concessi alle parti, non è possibile concedere un termine di comparizione di novanta giorni, né ottanta giorni per le memorie, né sessanta giorni per la comparsa conclusionale, ma ridurre esclusivamente i termini alle parti non risolverà il problema del processo civile sino a quando le udienze saranno fissate di sei mesi in sei mesi, il Giudice sarà libero di fissare l'udienza di precisazione delle conclusioni in qualsiasi tempo e non avrà obbligo di rispettare il termine per il deposito della sentenza.
I termini devono essere ridotti ma sopratutto devono essere rispettati da tutti perché, in caso contrario, ogni termine diviene puramente indicativo.
Non resta che attendere fiduciosi la riforma proposta dalla commissione auspicando che questa volta, a differenze delle precedenti riforme, si riescano realmente a ridurre i tempi della giustizia.




venerdì 2 maggio 2014

ILLUSIONE

Nel leggere una rivista giuridica nazionale la mia attenzione è stata attratta dall'invito, rivolto a tutti i lettori, di segnalare i provvedimenti dell'autorità giudiziaria degni di nota, in modo che gli stessi potessero essere pubblicati sulla rivista.
Avendo da poco avuto notizia di un provvedimento che ritenevo degno di nota ho provveduto ad inviare lo stesso, corredato da un breve commento, al responsabile della rivista.
Molto cordialmente il responsabile della rivista mi ha giustamente evidenziato che i commenti venivano assegnati di volta in volta dai Direttori Scientifici della rivista in autonomia rispetto all'editore.
Non avendo ben compreso se avessi dovuto inviare al Direttore Scientifico, pur ignorando chi fosse, il commento o se fosse stato possibile redigere i commenti solo dopo espresso invito del Direttore Scientifico, ho scritto nuovamente al responsabile chiedendo lumi.
Questo mi ha confermato che i Direttori Scientifici affidano autonomamente i commenti, ma che comunque prendono in considerazione anche quelli loro inviati, e qualora li ritengano meritevoli li trasmettono alla rivista.
Nel contempo il responsabile mi ha comunicato che la redazione di un commento per la rivista deve seguire dei criteri redazionali ben precisi e, gentilmente, mi ha inviato via e-mail le istruzioni degli autori, ove erano indicati pure i Direttori Scientifici con gli indirizzi di posta elettronica a cui inviare i commenti.
Essendo la prima volta che mi cimentavo a scrivere un commento per una rivista giuridica nazionale ho studiato con attenzione le istruzioni ed ho modificato il commento seguendo scrupolosamente le stesse.
Terminato il commento ho provveduto, a fine novembre 2013, ad inviarlo via e-mail al Direttore Scientifico competente per materia.
Non avendo ricevuto alcun ulteriore riscontro alla richiesta ed ignorando persino se la e-mail sia pervenuta al Direttore Scientifico, nel mese di marzo 2014 ho scritto allo stesso, chiedendo se quanto meno potesse confermarmi l'avvenuta ricezione della e-mail.
Ad oggi anche a quest'ultima richiesta è rimasta inevasa.
Capisco che il commento da me redatto possa non essere completo e meritevole di essere pubblicato su una rivista nazionale, ma ritengo che questo giudizio debba essermi quanto meno comunicato.
É impossibile solo pensare che per poter pubblicare su una rivista giuridica non conti nulla lo scritto ma siano essenziali i rapporti intercorrenti con i vari Direttori Scientifici e gli inviti a pubblicare da questi formulati.
Resto, comunque, in attesa che mi venga comunicata l'avvenuta valutazione del commento inviato, sperando che tale attesa non sia vana.


venerdì 11 aprile 2014

Prosegue l'introduzione del PCT presso il Tribunale di Foggia

É stato emesso il decreto, ai sensi dell'art. 35 comma 1° del D.M. n. 44 del 2011, che attiva il processo civile telematico presso il Tribunale di Foggia per le procedure esecutive immobiliari e per i fallimenti.

Dal 15/04/2014, quindi, in base al combinato disposto dell'art.16-bis D.L. n. 179 del 2012 e del decreto innanzi indicato, sarà possibile depositare, con valore legale, nelle procedure esecutive immobiliari tutti gli atti successivi al pignoramento.
Mentre per le procedure concorsuali sarà possibile il deposito degli atti da parte del curatore, del commissario giudiziale, del liquidatore, del commissario liquidatore e del commissario straordinario. 
Prosegue, per fortuna, l'iter che porterà gradualmente all'effettiva entrata in vigore del processo civile telematico.

venerdì 4 aprile 2014

Buon lavoro Ministro della Giustizia

Quando dall'attuale governo è stato nominato Andrea Orlando quale Ministro della Giustizia, sinceramente, ho nutrito forti dubbi che potesse fare qualcosa in quanto non "esperto" in materie giuridiche, anche se a dirla tutta, i precedenti ministri che esperti lo erano, non hanno fatto molto.
Il primo passo del Ministro, invece, è stato quello di convocare le rappresentanze degli avvocati e l'associazione nazionale magistrati per ascoltare le proposte in ordine alla riforma della giustizia.
Questo gesto, che potrebbe sembrare scontato, assume notevole rilevanza, invece, perché totalmente in contrasto con quanto fatto dai precedenti ministri i quali nel tentare di riformare la Giustizia non avevano in alcun modo preso in considerazione le categorie che all'interno del mondo giustizia ci passano ogni giorno.
Sebbene, quindi, il Ministro abbia giustamente confermato, nel rispetto dei ruoli, che spetterà a lui decidere su quali binari dovrà procedere la riforma, ha fornito un esempio di democrazia oltre che dare prova di grande intelligenza politica perché ritengo impensabile pensare ad una riforma della Giustizia senza il fattuale intervento dell'avvocatura e della magistratura che sono elementi determinanti del sistema.
Se questo è il modo di agire dei non "esperti" ben vengano, forse questa è la volta buona che si riesce ad avere una riforma della giustizia che possa essere realmente tale.
Che altro aggiungere se non buon lavoro Ministro.


   

mercoledì 26 marzo 2014

Ulteriori incertezze nella pratica del processo telematico.

Continuando l'analisi del processo civile telematico mi sono chiesto cosa succederà al fascicolo d'ufficio.
Se un fascicolo nasce telematico, cioè l'iscrizione a ruolo, l'atto di citazione ed i successivi atti vengono depositati in via telematica, il fascicolo cartaceo verrà creato dalla cancelleria, mediante la stampa degli atti? 
A rigor di logica non dovrebbe essere stampato nulla, perché uno degli scopi del processo telematico è l'eliminazione del cartaceo.
Ma se non viene creato il fascicolo cartaceo, il verbale di udienza, che sarà creato in formato cartaceo, dove sarà inserito?
Le soluzioni, a mio parere, potrebbero essere due: 
1) la copia ufficio, dei soli atti (non documenti) inviati telematicamente, sarà stampata dalla cancelleria ed andrà a formare il fascicolo di ufficio a cui andranno allegati i verbali di udienze. Tale prima soluzione, per quanto più facilmente realizzabile nell'immediato, avrebbe due inconvenienti: la permanenza presso le cancellerie dei fascicoli cartacei; l'esistenza solo cartacea dei verbali di udienza, il che comporterebbe il necessario accesso alla cancelleria per ottenere copia, salvo che gli stessi non vengano scansiti dai cancellieri. 
2) la totale eliminazione del fascicolo cartaceo; questa auspicabile soluzione andrebbe incontro ad altre problematiche. Comporterebbe, infatti, che i verbali di udienza vengano redatti direttamente in formato telematico, quindi, in udienza bisognerebbe utilizzare i computer per la redazione dei verbali. 
Il Giudice, possibilmente quanto improbabilmente assistito dal cancelliere, dovrebbe redigere il verbale al computer, firmarlo digitalmente ed inserirlo nel fascicolo telematico. Rapportando questa soluzione alla pratica, ove in udienza vi sono normalmente dai 40 ai 100 fascicoli, e considerando che per ognuno di questi vada redatto il singolo verbale, che a volte può comportare l'interrogatorio formale di una parte o l'escussione di testimoni, si può facilmente immaginare che tale soluzione, anche se auspicabile, è di difficile attuazione. Altra soluzione, sicuramente più fattibile, dovrebbe prevedere la redazione dei verbali in formato elettronico da parte degli avvocati in contraddittorio, come avviene oggi nel corso della udienza, ed il successivo passaggio al computer del Magistrato, magari attraverso una chiavetta usb, il quale poi dovrebbe, dopo aver redatto il provvedimento, sottoscrivere digitalmente il verbale ed a inserirlo nel fascicolo telematico. Tale soluzione avrebbe l'unico inconveniente che gli avvocati dovranno recarsi in udienza muniti di un computer che renda possibile la redazione del verbale, come d'atra parte oggi provvedono a recuperare i fogli uso bollo per scrivere il verbale.
Altra questione è un fascicolo che è nato cartaceo ed ove dal 30/06/2014 saranno depositati gli atti in formato digitale.
In questo caso la soluzione ideale sarebbe la completa digitalizzazione del fascicolo mediante scansione di tutti gli atti e documenti. Tale soluzione, però, conoscendo la situazione delle cancellerie non è realizzabile.
Scartata questa ipotesi l'unica alternativa è rassegnarsi all'esistenza dei vecchi fascicoli cartacei e far provvedere alle cancellerie a stampare la copia ufficio degli atti depositati telematicamente, anche se ciò comporterebbe un lento passaggio al processo telematico ed un graduale smaltimento dei fascicoli cartacei.
Non ritengo, poi, possa adottarsi la tecnica usata in alcune cancellerie ove si provvede ad apporre sul fascicolo cartaceo l'avviso che esistono degli atti depositati in via telematica, perché nel caso in cui in udienza dovesse servire consultare tali atti, questi non sarebbero presenti all'interno del fascicolo.
Per quanto sia apprezzabile l'esistenza di protocolli di intesa, tra i vari Consigli dell'Ordine e i Tribunali, che tentano di sopperire a lacune che hanno una grossa ripercussione dal punto di vista pratico, sarebbe opportuno che le problematiche segnalate vengano risolte in maniera univoca e centralizzata per tutti i Tribunali. Il pregio del processo civile telematico, infatti, è quello di poter facilmente promuovere un giudizio in un distretto diverso da quello ove si svolge l'attività, ma se poi ogni singolo distretto adotta un sistema diverso di risoluzione dei problemi riscontrati, l'utente sarà costretto a recarsi sul posto per conoscere la prassi dell'Ufficio vanificando, quindi, uno dei vantaggi del processo telematico.
È normale che un nuovo sistema, come quello del processo telematico, porti con se dei piccoli problemi dovuti alla recente applicazione, ma mi auguro che tali problemi vengano risolti e che per farlo non si provveda a correggere o modificare questo o quel provvedimento emesso. 
Il processo civile, infatti, è regolato dal Codice di Procedura Civile, perché allora, una volta terminata la sperimentazione, verificate e sedimentate le procedure di deposito degli atti in via telematica, non aggiornare il codice inserendo in un unico contesto tutte le norme necessarie a regolare, anche telematicamente, lo svolgimento del processo.

mercoledì 19 marzo 2014

Deposito telematico ed incertezze, prassi consolidata del sistema!

In una recente sentenza il Tribunale di Milano (http://www.altalex.com/index.php?idnot=66734) ha affermato che il deposito di un atto telematico avvenuto dopo le ore 14.00 si considera effettuato lo stesso giorno e non il giorno feriale immediatamente successivo.
La questione prende spunto dall'art. 13 3° del D.M. 44/2011 (c.d. regole tecniche) il quale prescrive che quando la ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata dopo le ore 14 il deposito si considera effettuato il giorno feriale immediatamente successivo.

Sennonché l'art. 16-bis della Legge 221/2012, che ha convertito il D.L. n. 179/2012 al comma 7° prevede che il deposito degli atti si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, senza prevedere alcuna scadenza temporale.

Il Tribunale ha ritenuto che l'art. 16-bis comma 7° in quanto norma successiva e di rango superiore a quella regolamentare sarebbe prevalente rispetto alla norma tecnica di natura secondaria, pertanto il deposito deve considerarsi avvenuto lo stesso giorno in cui è generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, a prescindere dall'orario.
Ferma l'interessante sentenza, che tenta di risolvere un contrasto di norme che nella pratica potrebbe generare notevoli contrasti, ritengo utile soffermare l'attenzione sull'abitudine, da parte del legislatore, di regolare la medesima materia con una miriade di provvedimenti legislativi, i quali, se non creano, come nel caso de quo, un contrasto, comunque rendono difficilissimo il compito di chi tenta di capire qualcosa dell'argomento.
Se è presente nell'ordinamento il decreto ministeriale che concerne, tra l'altro, le regole tecniche per la trasmissione dei documenti da parte dei soggetti esterni al dominio giustizia quale senso può avere precisare, in un D.L. denominato "ulteriori misure urgenti per la crescita del paese", che il deposito si ha per avvenuto al momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.
Tale precisazione è maggiormente fuori luogo se si pensa che il 1° comma del prefato articolo 16-bis prescrive che "a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici".
Orbene se già nel precitato articolo si fa espresso riferimento alla normativa anche regolamentare riguardante la trasmissione e la ricezione degli atti la precisazione di cui al comma 7° non ha motivo di esistere, salvo che con tale comma non si sia inteso implicitamente modificare la normativa regolamentare (D.M. 44/2011).
Ma se così fosse meglio avrebbe fatto il Legislatore ad intervenire direttamente sul decreto ministeriale evitando il nascere di questioni che hanno comportato e comporteranno un inutile dispendio di risorse.
L'efficienza della Giustizia ritengo si ottenga anche attraverso una legiferazione oculata, precisa e facilmente accessibile.


   

venerdì 14 marzo 2014

Imposta di Registro e convalida dello sfratto per morosità.

La questione che affronterò metterà in evidenza alcune contraddizioni del sistema italiano.
É risaputo che la stipula di un contratto di locazione comporti che si provveda a registrare il relativo contratto, presso l'Agenzia delle Entrate, nel termine di trenta giorni. La registrazione può comportare il pagamento di un importo unico, calcolato sul corrispettivo pattuito per l'intera durata del contratto, o come più frequentemente capita, si opta per pagare l'imposta di registro ogni anno, spalmando quindi l'imposta per tutti gli anni di durata del contratto.
Parimenti quando si scioglie il contratto di locazione si deve comunicare all'Agenzia delle Entrate l'avvenuta risoluzione del contratto la quale è oggetto di imposta di registro, precisamente €67,00#.
Scopo della comunicazione è quello di portare a conoscenza dell'Ufficio le vicende giuridiche del contratto evitando che l'Agenzia delle Entrate, anche se dopo diversi anni, ignorando l'avvenuta risoluzione del contratto continui a chiedere alle parti contraenti, obbligati in solido, il pagamento dell'imposta di registro.
L'art. 17 DPR n. 131 del 1986 prescrive, infatti, che "l'imposta dovuta per la registrazione dei contratti di locazione e affitto di beni immobili esistenti nel territorio dello Stato nonché per le cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite degli stessi, è liquidata dalle parti contraenti ed assolta entro trenta giorni mediante versamento del relativo importo...".
Sin qui tutto chiaro.
Il problema sorge quando il proprietario di un immobile concesso in locazione adisce l'autorità giudiziaria chiedendo lo sfratto per morosità in quanto l'inquilino non provvede al pagamento dei canoni di locazione ed il Giudice, stante la mancata comparizione dell'intimato o la mancata opposizione, emette una ordinanza di convalida.
In questa ipotesi, infatti, il provvedimento con cui è disposta la convalida non è soggetto a registrazione, in sostanza le cancellerie, che sono obbligati ad inoltrare i provvedimenti dell'Autorità Giudiziaria all'Agenzia delle Entrate affinché provveda a tassarli, non inviano la ordinanza di convalida di sfratto, e non lo fanno perché con circolare 22/01/1986 n. 8/201201 della Dir. gen. tasse e imposte indirette sugli affari, è stato disposto che le ordinanze di convalida delle intimazioni di licenza o di sfratto per morosità o finita locazione rientrino tra gli atti per i quali non vi è obbligo di registrazione.
Si sarebbe indotti a ritenere che una volta tanto il cittadino non sarebbe costretto a versare una imposta.
Ma qui cominciano le contraddizioni. L'Agenzia delle Entrate, infatti, ignora che quel dato contratto di locazione sia stato risolto dal Giudice e quindi, dopo alcuni anni, richiede alle parti il pagamento dell'imposta di registro afferente gli anni successivi ritenendo che il contratto sia ancora in essere.
Per evitare questo ero solito inviare una raccomandata all'Agenzia delle Entrate al solo fine di comunicare l'avvenuta risoluzione del contratto di locazione precisando che questa era stata dichiarata dal Giudice con ordinanza di convalida di sfratto per morosità e, che, pertanto, non era soggetta ad imposta di registro in virtù della circolare innanzi richiamata.
L'Ufficio, però, a seguito della ricezione della missiva mi ha contattato telefonicamente avvisandomi che comunque sarebbe stata emessa, sempre dopo qualche anno, la cartella di pagamento ai danni delle parti.
A questo punto ho ritenuto opportuno recarmi personalmente all'Ufficio per illustrare quanto innanzi e per sostenere le mie ragioni in ordine alla non assoggettabilità della ordinanza di convalida di sfratto alla registrazione.
L'Ufficio però ha confermato, senza addurre alcuna giustificazione, che avrebbe provveduto a richiedere l'imposta di registro afferente la risoluzione del contratto di locazione.
Pertanto ho ritenuto opportuno rivolgere, per iscritto, alla Direzione Regionale della Puglia dell'Agenzia delle Entrate un atto di interpello ordinario, con cui, in sostanza chiedevo lumi circa l'obbligatorietà del versamento dell'imposta di registro afferente la risoluzione di un contratto di locazione disposta con ordinanza dal Giudice.
L'Agenzia delle Entrate ha risposto assumendo, se male non ho compreso, che la risoluzione del contratto di locazione, nel caso di ordinanza di convalida di sfratto per morosità, avverrebbe in epoca precedente alla emissione della ordinanza di convalida la quale avrebbe come finalità la liberazione degli immobili ed il recupero dei canoni.



Tale assunto dell'Agenzia è privo di fondamento giuridico.
Per quanto attiene al recupero dei canoni, l'assunto cozza evidentemente con l'art. 658 c.p.c. ove si precisa che il locatore ha facoltà di chiedere, unitamente alla intimazione di sfratto per morosità, l'ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti, indi il recupero dei canoni non si ottiene con la ordinanza di convalida bensì con l'ingiunzione.
Parimenti vi è contrasto con il dato letterale dell'art. 669 c.p.c. ove è prescritto che se il locatore non richiede il pagamento dei canoni la pronunzia sullo sfratto risolve la locazione ma lascia impregiudicata ogni questione sui canoni.  
L'ordinanza di convalida di sfratto per morosità, quindi, equivale ad una sentenza costitutiva di risoluzione del contratto di locazione e ad una sentenza di condanna al rilascio, come l'Ufficio avrebbe potuto verificare limitandosi a consultare la giurisprudenza (Cass. 24/01/1977 n. 352; Cass. 23/10/1968 n. 3429) e la dottrina (Garbagnati, I procedimenti di ingiunzione e per convalida di sfratto, Milano, 1970, pag.323; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, IV, 3 ed., Napoli, 1964, pag. 134).
Ottenuta una risposta all'interpello priva di qualsivoglia valenza giuridica l'unica soluzione, giuridicamente accettabile, sarebbe stata quella di non pagare l'imposta di registro afferente la risoluzione del contratto di locazione, attendere l'emissione della cartella e proporre ricorso alla commissione tributaria.
La soluzione percorsa, giuridicamente inaccettabile ma economicamente vantaggiosa, tenuto conto del minimo importo dovuto per la registrazione della risoluzione del contratto di locazione (€67,00) e del maggiore dispendio di risorse economiche necessario per l'instaurazione di un giudizio innanzi la commissione tributaria, considerando che, comunque, difficilmente l'Ufficio viene condannato al pagamento delle spese di lite, è stata quella di provvedere al pagamento della illegittima imposta.








venerdì 7 marzo 2014

Quale software per il PCT?

Con l'approssimarsi dell'obbligo di deposito degli atti in via telematica è diventato pressoché obbligatorio per l'avvocato dotarsi di un programma che agevoli gli adempimenti.
Vediamo se riesco a fornire qualche informazione in modo da facilitare la scelta a chi intendesse acquistare un programma di tal genere.
Partiamo dalla caratteristiche che secondo il mio giudizio oggi è imprescindibile, il programma deve funzionare on-line, cioè non essere installato su una macchina fissa ma accessibile da varie postazioni in mobilità.
Tra i tanti programmi esistenti sul mercato che rispondevano alla mia necessità ho avuto modo di valutarne due, il primo è Quadra, offerto da Lextel, il secondo è Kleos offerto da Wolters Kluwer.
Ho visitato i siti internet dei prodotti, ho visto i video dimostrativi presenti su youtube e mi sono informato dai rivenditori di zona.
Fondamentalmente sono due programmi diversi, entrambi alla fine consentono di interfacciarsi con il processo telematico ma mentre Kleos è un gestionale vero e proprio, Quadra è l'entry level del deposito atti, cioè ha sostanzialmente le funzioni basilari che consentono di utilizzare il processo telematico con qualche piccola utile aggiunta.
Entrambi i programmi consentono la possibilità di creare pratiche, anagrafiche clienti, agenda, riportando le udienze, gli adempimenti e le scadenze, il tutto sincronizzabile con le scadenze previste in polisweb, ammesso che sia stata creata la relativa pratica e che la medesima sia stata collegata con il relativo fascicolo del polisweb.
Per quanto riguarda la creazione della pratica tutti e due i programmi consentono, anzi obbligano, l'utente ad assegnare alla stessa un codice identificativo interno allo studio.
Ottima funzione; per abitudine nello studio assegno ad ogni pratica nuova un numero progressivo in base all'anno, come fosse un numero di ruolo, che identifica solo ed esclusivamente quella pratica all'interno dello studio.
Può sembrare una sottigliezza ma spesso capita che le medesime controparti abbiano tra loro pendenti più cause quindi, ritengo sia meglio individuare le pratiche con un numero che con i nomi delle parti, e richiedo che l'agenda mi dia l'opportunità di assegnare un numero progressivo in automatico alla pratica, in modo che non si possano commettere errori.
Kleos prevede questa funzione assegnando un numero progressivo in automatico in base all'anno (1/2014; 2/2014) mentre Quadra lascia libero l'utente di inserire un dato a piacimento. 
É vero che se si inserisce due volte lo stesso numero il programma segnala l'incongruenza, ma l'utente potrebbe inserire un numero non consecutivo, quindi potrebbero essere presenti le pratiche 1/2014 e 3/2014 e non essere presente la pratica 2/2014.
Le agende sono molto simili tra loro, Kleos, in più, ha anche app dedicate per i dispositivi mobili mentre Quadra non ha app per dispositivi mobili, ma è accessibile da browser.
In realtà il sistema adottato da Quadra se da un lato ha il vantaggio di essere accessibile da qualunque dispositivo connesso ad internet dall'altro ha lo svantaggio che l'accesso al browser da un dispositivo mobile, sopratutto da quelli con schermi non molto grandi, tipo smartphone, rende difficoltoso gestire l'agenda.
Per quanto riguarda l'assistenza, Kleos offre 6 ore per lo start up, e presumo l'assistenza dal rivenditore di zona, Quadra offre un call center a cui chiamare, nonché per il Consiglio dell'Ordine di Foggia, che è convenzionato, l'assistenza fornita dai funzionari presenti sul territorio.
Kleos in più rispetto a Quadra ha la possibilità di eseguire la parcellazione nonché offre la possibilità di accedere  alle banche dati Wolters Kluwer, per chi è abbonato, senza uscire dal programma.
Kleos non consentirebbe (uso il condizionale in quanto non ho verificato questa informazioni fornitami dal rivenditore) l'invio degli atti per il processo telematico sotto ambiente Mac Os X, mentre Quadra lo consente, anche se con qualche limitazione rispetto all'ambiente windows (per esempio la firma digitale dei documenti non può essere eseguita direttamente da Quadra, anzi il programma va chiuso per firmare un atto).
Veniamo ora ad un fattore che ritengo comunque importante per la scelta, il costo.
Kleos viene offerto a circa €500,00 all'anno, in più si deve considerare che in questo importo è compreso uno spazio di storage per utente di 0,5 gb, quindi qualora si creassero molte pratiche questo spazio potrebbe non essere sufficiente e bisognerebbe aumentarlo, con ulteriori costi.
Quadra offre due possibilità, la prima chiamata on demand, la quale per gli ordini convenzionati, prevede un attivazione gratuita, ed un costo di €1,50 per apertura nuovo fascicolo, ed €0,60 per il mantenimento del medesimo fascicolo dall'anno successivo all'apertura, non è previsto nessun costo per l'invio dei singoli atti.
La seconda offerta è chiamata flat, la quale prevede un importo annuo di €130,00, a prescindere dal numero di fascicoli, a condizione di non superare i 3 gb di spazio occupato, nel caso in cui si superasse tale spazio ci sarebbe comunque la possibilità di acquistarne altro.
Personalmente, per ora, utilizzando già un gestionale per lo studio e non avendo, quindi, bisogno dell'agenda, ho optato per Quadra, la versione on demand, la quale mi consente ad un costo relativamente basso, di sfruttare le opportunità del processo telematico.
Su tale decisione ha influito anche la considerazione che Lextel è convenzionata con l'Ordine degli Avvocati di Foggia e che quindi, ulteriori future convenzioni mi vedrebbero automaticamente coinvolto.






mercoledì 5 marzo 2014

PCT

Come molti sapranno l'art. 16-bis del D.L. 18/10/2012 n. 179 ha previsto che "a decorrere dal 30 giugno 2014 nei procedimenti civili, contenziosi o di volontaria giurisdizione, innanzi al tribunale, il deposito degli atti processuali e dei documenti da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite ha luogo esclusivamente con modalità telematiche...".
Il medesimo articolo, al comma 2°, prescrive che nei processi esecutivi le disposizioni innanzi indicate si applicano successivamente al deposito dell'atto con cui inizia l'esecuzione.
Sempre a decorrere dal 30 giugno 2014 per il procedimento d'ingiunzione davanti al tribunale il deposito del ricorso e dei documenti andrà effettuato in via telematica.
Era doveroso partire dalla disposizione che introduce, anche se solo parzialmente, una vera e propria rivoluzione del Processo Civile ed in conseguenza della Giustizia Civile.
Il mio intento, comunque, non è quello di soffermarmi sull'analisi della norma, bensì di  illustrare cosa è necessario fare prima di procedere ad un deposito nonché sottolineare alcune criticità riscontrate nella procedura.
Una prima precisazione si appalesa, però, necessaria.
Come è facilmente evincibile dalla lettura della prefata disposizione il processo telematico sarà operativo esclusivamente nei Tribunali, infatti, il 6° comma dell'art. 16-bis recita che negli uffici giudiziari diversi dai tribunali le disposizioni di cui innanzi "si applicano a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dei decreti, aventi natura regolamentare, con i quali il Ministro della Giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione".
Altro punto che ritengo di dover sottolineare della citata disposizione è la limitazione del deposito degli atti limitatamente da parte dei difensori delle parti precedentemente costituite.
Ciò imporrebbe, quindi, prima l'avvenuta costituzione delle parti nel giudizio, e solo successivamente la possibilità di depositare gli atti.
In sostanza non sarebbero depositabili le comparse di costituzione, ma solo le memorie successive, considerando che l'art. 166 c.p.c. prescrive per la costituzione il deposito del fascicolo con la comparsa di costituzione, la procura, copia della citazione notificata ed i documenti.
Sembrerebbe in contrasto con la norma su menzionata il decreto emesso dal Ministero della Giustizia per il Tribunale di Foggia con cui si autorizza il deposito per via telematica anche delle comparse di risposta e degli atti di intervento.

L'unica spiegazione plausibile è che il Decreto Legge abbia individuato gli atti che obbligatoriamente dovranno essere depositati telematicamente non precludendo, nel contempo, la possibilità ai vari Tribunali di consentire il deposito in via telematica anche di ulteriori atti.
Sicuramente è apprezzabile l'iniziativa del Tribunale di Foggia di consentire, prima del 30 giugno 2014, il deposito degli atti in via telematica; ora spetta a noi avvocati approfittare di questa opportunità ed adoperarci, testando il sistema e rilevandone le criticità, affinché dal 30 giugno tutto proceda per il meglio . 
Qui concludo con l'analisi della normativa e tento di illustrare come bisogna procedere per depositare un atto in via telematica.
Prima del 30 giugno 2014 occorre verificare se l'ufficio di interesse sia stato autorizzato dal Ministero della Giustizia ad accettare gli atti in via telematica.
Tali informazioni possono essere reperibili al seguente indirizzo http://pst.giustizia.it/PST/it/pst_2_4.wp.
Per quel che riguarda il Tribunale di Foggia, come emerge dal decreto innanzi riportato, dal 14/01/2014 è stata attivata la possibilità di trasmettere all'ufficio la comparsa risposta, la comparsa di intervento, comparsa conclusionale e memoria di replica, elaborati CTU, memorie autorizzate dal Giudice e memorie ex art. 183 6° comma c.p.c. per il procedimento di ingiunzione, il contenzioso civile, lavoro e volontaria giurisdizione (aggiungo, inoltre, a mero titolo informativo, che anche la Corte di Appello ed il Tribunale di Bari sono stati autorizzati ad accettare il deposito degli atti in via telematica).
Accertato che l'ufficio rientra tra quelli abilitati alla ricezione degli atti in via telematica, bisogna costituire il fascicolo telematico, attraverso i vari programmi disponibili sul mercato,  ed inviare l'atto all'indirizzo pec dell'ufficio.
In sostanza, infatti, il deposito telematico dell'atto altro non è che la trasmissione di ciò che vogliamo depositare all'indirizzo pec dell'ufficio.
Come si avrà modo di verificare il deposito in se non comporta grosse difficoltà, bisogna porre solo molta attenzione a riportare correttamente i dati di individuazione del fascicolo (numero di ruolo), cosa che d'altra parte si faceva pure in precedenza, perché in caso di errore il deposito non va a buon fine.
Come primo deposito telematico ho provveduto a depositare un atto di intervento in una procedura esecutiva immobiliare pendente innanzi il Tribunale di Bari.
La scelta non è stata causale, non vi erano termini perentori per il deposito, quindi in caso di problemi, puntualmente verificatisi, non ci sarebbero state decadenze.
Una volta creata la busta, contenente gli atti da trasmettere all'ufficio, nel mio caso, atto di intervento, procura alle liti e titolo esecutivo, ho provveduto ad inoltrarla all'indirizzo pec dell'ufficio.
Il sistema nel caso di deposito atti in via telematica genera quattro ricevute: 
1)  l'accettazione della posta inviata;

2) la ricevuta di avvenuta consegna, questa equivale al timbro depositato sull'atto;
3) verifica da parte del sistema; in pratica il sistema accerta che esista il procedimento nel quale si vuole fare il deposito


4) accettazione da parte dell'ufficio; consiste nella materiale introduzione degli atti depositati all'interno del fascicolo.





















Benchè per l'avvocato il deposito si ha per effettuato con la ricevuta della consegna, qualora le due successive comunicazioni non vadano a buon fine l'atto, anche se ufficialmente depositato, non verrà accettato dal sistema. Se, per esempio, nel depositare l'atto di intervento di cui innanzi, avessi sbagliato ad indicare il numero di ruolo del procedimento, la verifica eseguita dal sistema mi avrebbe generato un messaggio di errore, quindi anche se mi era stata recapitata la ricevuta di consegna, l'atto non poteva considerarsi depositato.
Tenuto conto che le cancellerie, anche telematiche, chiudono alle 14, sarebbe opportuno non depositare gli atti all'ultimo minuto, qualora, infatti, la ricevuta di consegna riportasse un orario successivo alle 14.00, il deposito si considererà avvenuto il giorno successivo.
Potrebbe essere sufficiente inviare la pec del deposito un ora prima della chiusura della cancelleria, il problema è che, per esempio, nel mio caso la ricevuta di verifica da parte del sistema è arrivata due ore dopo la ricevuta di avvenuta consegna.
Qualora fosse stata di esito negativo, il deposito avvenuto non sarebbe stato regolare e avrei dovuto provvedere nuovamente. 
Sono chiaramente evincibili le conseguenze qualora il procuratore provveda a depositare un atto in scadenza la cui ricevuta di consegna giunga prima delle 14.00 ma la cui ricevuta di verifica del sistema, con esito negativo, giungesse dopo le ore 14.00.
In questa ipotesi il deposito non sarebbe considerato valido, il procuratore potrebbe si provvedere ad  un nuovo deposito ma sarebbe, comunque, fuori termine.
A questo, poi, si aggiunge un'altra considerazione, l'atto depositato diviene visibile all'interno del fascicolo solo dopo l'accettazione da parte dell'ufficio.
Per parlare di qualcosa di concreto richiamo il deposito da me eseguito, l'accettazione della cancelleria mi è pervenuta il 25/02/2014, cioè cinque giorni dopo l'avvenuto deposito, e solo dopo un sollecito inviato alla cancelleria per e-mail.
La questione non è di poco conto se si considera, per esempio, il caso del deposito di una memoria ex art. 183 6° comma c.p.c., ove la controparte ha dei termini entro cui redigere le successive memorie. Qualora le cancellerie non provvedessero immediatamente all'accettazione dell'atto, controparte disporrebbe materialmente dell'atto diversi giorni dopo il deposito ed avrebbe meno tempo, di quello previsto dal codice, per redigere le proprie memorie con tutto quello che ne deriva per la violazione del contraddittorio ed del diritto di difesa.
Una eventuale legittima richiesta di remissione in termini comporterebbe un allungamento dei tempi processuali, cosa che il processo telematico dovrebbe evitare.
Mi auguro che il problema da me riscontrato sia dipeso dalla ancora non obbligatorietà del deposito telematico e che, quando il sistema andrà a regime, i cancellieri provvedano immediatamente, o comunque, entro le 14.00, orario di chiusura delle cancellerie, ad accettare tutti i depositi ricevuti in giornata in modo che questi diventino visibili nel fascicolo telematico.
Sarebbe, altresì, auspicabile che il Consiglio dell'Ordine di Foggia concordasse con gli uffici una soluzione alle problematiche innanzi evidenziate, prima della fatidica data del 30/06/2014, in modo che l'inizio del processo telematico possa avvenire con meno intoppi possibili.